Una Lettera grave e ridicola nello stesso tempo

Dichiarazione-su-Lettera-Valditara-9-novembre

La Lettera agli studenti del Ministro dell’Istruzione e del “merito” relativa al 9 novembre e alla caduta del Muro di Berlino è un fatto grave, che in questi giorni si aggiunge ad altri fatti molto gravi che caratterizzano i primi passi del governo Meloni.

Diversi commenti più che condivisibili di denuncia di questa lettera sono subito apparsi, da parte di sindacati, associazioni, gruppi, intellettuali.

Da parte nostra mettiamo in evidenza in particolare i seguenti punti. 

1) L’attacco alla libertà d’insegnamento che si manifesta con questa lettera, che detta interpretazioni storiche ufficiali e linee di insegnamento ed è attraversata da un’ideologia evidente e di parte, è gravissimo e nello stesso tempo grottesco. Gravissimo, perché la libertà d’insegnamento è una componente essenziale delle democrazie e il suo attacco si situa sempre su una linea di deriva autoritaria, quando non fascista. Grottesco, perché arriva con una lettera che vorrebbe, a parole, celebrare la libertà! Come dire: in nome della libertà, bene supremo, comincio ad attaccare la libertà! 

La prossima volta che un documento ministeriale tirerà fuori il bla bla bla dello “sviluppare lo spirito critico nei ragazzi” sapremo di che cosa si parla.

D’altra parte, anche il Ministero del “merito” è ridicolo e grave nello stesso tempo. 

2) La lettera contiene tra l’altro evidenti problemi storici. 

  • Il primo è l’identificazione della caduta del Muro di Berlino con la caduta del comunismo. Premesso che è quantomeno discutibile che i regimi sovietici del dopoguerra si possano identificare con il comunismo, un fatto è comunque certo: a Berlino, il 9 novembre 1989, si riunifica la Germania, cioè un popolo, ma non cade il “comunismo”. La caduta dell’URSS è invece del 1991. Che il crollo del Muro si inserisca in un processo di disgregazione del blocco sovietico è un fatto, ma storicamente si tratta di due avvenimenti ben distinti, nei quali gli elementi di continuità si alternano ad altri contraddittori.
  • Una seconda questione che va chiarita è la presunta continuità tra la questione ucraina di oggi e la lotta contro il comunismo. Qui è necessario ristabilire prima di tutto i fatti, peraltro taciuti e mistificati da quasi tutti in questi mesi. L’Ucraina, che storicamente era stata attorno all’anno Mille la culla della Russia, subisce la repressione, lo smembramento e la sottomissione nei secoli da parte di diverse potenze, tra le quali l’Impero zarista, in nome della Grande Russia. Questa repressione viene interrotta proprio a seguito della Rivoluzione dell’Ottobre ’17. Dopo il primo periodo di guerra civile tra le forze della rivoluzione e l’Armata Bianca, l’Ucraina viene infatti riconosciuta come una repubblica all’interno dell’URSS, con diritto a staccarsi in qualunque momento (come voluto da Lenin). É in questo momento che la lingua ucraina e i diritti delle altre minoranze vengono riconosciuti e affermati. É significativo che Putin, nel non riconoscere l’Ucraina, abbia dichiarato che è “un’invenzione di Lenin”. É invece Stalin a riprendere il processo di sottomissione feroce di questo Paese, con deportazioni di massa, di nuovo in nome della Grande Russia. Da qualunque parte si voglia considerare questa realtà, mettere tutto nel grande calderone del “comunismo” è tipico della propaganda, non di una ricerca di un’interpretazione storica rigorose, che sono quantomeno più dialettiche e discutibili. 
  • La terza questione è nuovamente grottesca: insinuare un parallelo tra l’attuale Russia che attacca l’Ucraina e il presunto “comunismo” (meglio, stalinismo) in nome della “grande democrazia” capitalista vuol dire “darsi la zappa sui piedi”, perché il regime di Putin nasce proprio dalla fine del “comunismo” in nome del ritorno al capitalismo! 
  • In effetti, la “riunificazione” dell’Europa di cui si parla nella lettera avviene solo nel senso che tutti i Paesi tornano al capitalismo (come molti, Valditara confonde l’ “Europa” con l’allora CEE, oggi UE). Ma succede anche che il “nuovo ordine mondiale” proclamato immediatamente da Bush-padre e da tutto l’Occidente coincida con il ritorno della guerra in Europa, prima in Jugoslavia e oggi in Ucraina, con timori di allargamento mondiale. Ciò pone noi e i giovani – ai quali Valditara si indirizza con l’obiettivo evidente di stroncare ogni loro aspirazione a rimettere in causa il sistema economico in cui viviamo – di fronte ad una domanda: se siamo passati dalla Guerra Fredda a quella come minimo “calda”, in Europa e in decine di posti nel mondo, non sarà perché il “nuovo ordine mondiale” del capitale è in realtà un disordine che rimette in causa la civiltà? 

3) Il 9 novembre è anche la data della Notte dei Cristalli, l’ondata di pogrom antisemiti nella Germania nazista nel 1938 che portò tra i 1.000 e i 2.000 morti. Che Valditara prenda la penna e scriva direttamente agli studenti, attraverso i dirigenti scolastici, come un “docente dei docenti” al di sopra di tutti, senza nemmeno rendersi conto delle contraddizioni ridicole in cui si infila e facendoci una lezione forzata e falsificata, è un segnale pericoloso e grave. Che non senta la necessità di nominare una delle pagine più nere del nazi-fascismo ci pone di fronte ad una domanda: quale delle due cose è più grave, la lettera grottesca o l’omissione? 

Questo ministro ha fatto parte in passato delle maggioranze parlamentari che hanno attaccato lo studio della storia, a partire dalla scuola primaria. Con questa Lettera l’attacco prosegue con altri metodi.

Più che mai, è il momento di riconquistare questa disciplina e difendere la libertà d’insegnamento! 

“Manifesto dei 500”, 10 novembre 2022

Allegato: Lettera-ministro-Giuseppe-Valditara-8-novembre-2022

Ministero dell’ “istruzione e del merito”?

Nomina sunt consequentia rerum…

Quando il Ministero della Pubblica Istruzione venne da Berlinguer cambiato in “Ministero dell’Istruzione”, la scomparsa di “pubblica” portò con sé la Legge diparità, l’Autonomia Scolastica con l’ingresso dei privati, i tagli alla scuola statale, la “concorrenza” tra le scuole. Fu la porta aperta alle Leggi Moratti e Gelmini e poi alla “buona” scuola di Renzi.

Un tratto comune a tutte queste contro-riforme fu il mantra del presunto “merito”, dietro al quale si nasconde l’attacco alla libertà d’insegnamento, riconosciuta costituzionalmente, elemento base delle democrazie, e il tentativo di far esplodere l’unità della categoria dei docenti, quindi il contratto nazionale.
Dal 1999, quasi tutti i governi hanno provato a scardinare questi due elementi, compreso l’ultimo di Draghi, senza tuttavia riuscirci per la mobilitazione e la resistenza che il mondo della scuola ha regolarmente attuato, a partire dagli scioperi storici contro il “concorsone” di Berlinguer del 17 febbraio 2000 e contro il “bonus” di Renzi del 5 maggio 2015.

Ora, Meloni decide di cambiare addirittura il nome del ministero, che diventa “dell’Istruzione e del merito”. Potrebbe sembrare semplicemente ridicolo: è come se il Presidente della Repubblica diventasse di colpo “Presidente dellaRepubblica e dell’equità”, oppure “Presidente della Repubblica e dellaprosperità”.
Ma la cosa è in realtà grave.
Nomina sunt…: con la Meloni, un’istituzione (il Ministero dell’Istruzione) si confonde con un programma. Una parte politica tende a diventare istituzione. Un vecchio vizio di qualcuno… Vizio che però, benché non siamo alla vigilia del fascismo, non può far (solo) (sor)ridere: è un altro segno dello svuotamento della democrazia e della volontà di imporre a tutti i costi le proprie idee.

Di quale “merito” si parla?

Nel programma di Fratelli d’Italia troviamo: potenziamento delle scuole paritarie, voucher per le famiglie da poter spendere a scelta nelle statali o nelle paritarie, riduzione di un anno della scuola superiore, apertura ai privati per la scuola statale. Poi, naturalmente e come d’abitudine nel bla bla bla di tutti i programmi di tutti i governi, c’è la “valorizzazione dei docenti con avvicinamento agli stipendi europei”. Ma ad una condizione: la formazione continua.

E qui il gioco dell’oca riparte da capo, da Berlinguer, dalla Gelmini, da Renzi, da Draghi: volete uno stipendio decente, cari insegnanti? Piegatevi alla distruzione della libertà d’insegnamento.

E sì, perché l’ “aggiornamento” di oggi non è quello delle discipline, del sapere, della libera ricerca didattica e del confronto sui metodi: è quello ministeriale, dell’indottrinamento per imporre una didattica di regime, orientata a distruggere le discipline a favore di una scuola-animazione nella quale un po’ si lavora, un po’ si fanno “esperienze”, un po’ si parla di problemi sociali e personali in modo generico e propagandistico, un po’ si seducono gli allievi, il tutto in modo  naturalmente “tecnologico”.

Per fortuna, tra il dire e il fare, c’è tutto lo spazio della lotta, più attuale che mai. Prepariamoci.

Manifesto dei 500, 23 ottobre 2022

Decreto 36: No al colpo di coda del governo!

“Colpisci la scuola e scappa!”

Un governo dimissionario e rigettato dallo sciopero della scuola vara le norme applicative del Decreto 36 

Chiunque governerà dopo le elezioni, lanciamo subito la mobilitazione: abrogazione!

 

Un governo dimissionario, contestato dallo sciopero generale della scuola del 30 maggio, a poco più di un mese e mezzo dalle elezioni, ha avuto il coraggio, il 3 agosto!, di varare le norme applicative del Decreto 36, con il quale si prevede di “premiare” una piccola fetta di insegnanti, chiamati “esperti”, con un “bonus” al “merito” di 5.650 euro, sotto forma di assegno annuale ad personam.

Chi sarà docente “esperto”? Solo una piccola parte di insegnanti, dopo aver frequentato un corso triennale di formazione sotto il controllo di una Scuola di alta specializzazione, e dopo aver superato un esame ed essere stata valutata da una commissione composta da colleghi, dal proprio dirigente e da un dirigente esterno, potrà essere inserita in una graduatoria e quindi sperare di accedere al “bonus”.

Al di là del meccanismo che mira a dividere la categoria, attacca la libertà d’insegnamento, mette sotto controllo la cultura e la scuola, il provvedimento è particolarmente vergognoso in questo momento nel quale: 

  • i docenti italiani percepiscono uno stipendio nettamente inferiore agli altri Paesi europei e addirittura inferiore alla media dei lavoratori del Pubblico Impiego in Italia (28.000 euro annui a fronte di 33.000);
  • nell’ultimo anno gli insegnanti, come tutti i lavoratori, hanno ulteriormente perso almeno 1.500 euro di potere d’acquisto;
  • si prospetta un rinnovo contrattuale di 50 euro lordi, una miseria!

In questa situazione e con tutti i miliardi che il governo aveva e ha a disposizione, l’applicazione del Decreto 36 rappresenta una vera e propria provocazione. 

Al posto dei provvedimenti “urgenti” che un governo dimissionario poteva e doveva prendere per far fronte alla gravissima situazione economica dei lavoratori, in particolare quelli della scuola, si è deciso di attaccare ancora una volta i docenti e la scuola della Repubblica, naturalmente in pieno agosto!

“Prendi i soldi e scappa” era il titolo di un film di Woody Allen.

“Colpisci la scuola e scappa”, si può certamente dire per Draghi e Bianchi!

Tutto ciò avviene mentre per l’ennesima estate, la terza, non si fa nulla per la sicurezza e si chiudono gli occhi di fronte ai possibili e probabili problemi del rientro, per poi scaricarli ancora una volta sulla categoria, anche qui con l’intento di dividere i lavoratori.

Tutti gli esperti ripetono da mesi che bisognerebbe quantomeno mettere purificatori d’aria nelle aule e potenziare seriamente i trasporti. Il governo che cosa fa? Nulla di nulla, ma istituisce i “docenti esperti”!

Non siamo di fronte tuttavia, purtroppo, ad un paradosso. Dal punto di vista di questo governo e delle logiche che hanno mosso da troppi anni il ministero e i “riformatori”, questo ultimo colpo di mano è perfettamente logico: l’obiettivo non è potenziare il sistema scolastico pubblico statale, dare valore ai docenti, rilanciare una scuola di cultura a favore del futuro dei giovani, ma “riaddestrare” gli insegnanti (parole del ministro) per renderli docili ad una pedagogia e ad una didattica distruttive del sapere, della conoscenza, adatta a formare giovani disponibili a tutto, sfruttabili, pronti poi domani per essere a loro volta anche insegnanti del nulla per le generazioni future.

Il governo ha avuto il coraggio di procedere contro la scuola, ma le mobilitazioni del passato dimostrano che non è per nulla detta l’ultima parola. 

Nel fare appello a tutti i sindacati affinché a settembre riprenda subito la mobilitazione per l’abrogazione del Decreto 36 e dunque delle norme applicative, noi ci prepariamo, qualunque sia il prossimo governo, ad organizzare, con le altre associazioni con le quali stiamo condividendo l’Appello per una scuola di cultura e conoscenza, una Conferenza Nazionale in autunno esattamente con queste parole d’’ordine: via il Decreto 36, difendiamo e rilanciamo una scuola di cultura e conoscenza, contro tutti i tentativi di “riaddestrare” i docenti, per la difesa della libertà d’insegnamento, del futuro dei giovani e del sapere disciplinare! 

Manifesto dei 500, 5 agosto 2022

Aggiornamento Appello per una scuola di cultura e conoscenza

Ai firmatari dell’Appello per una scuola di cultura e conoscenza, per la difesa e il rilancio delle discipline, della professione insegnante e del futuro dei giovani

Carissimi, 

ad un mese dalla presentazione pubblica del nostro Appello vogliamo innanzitutto ringraziarvi per aver risposto prontamente all’invito a sottoscriverlo ed aver contribuito alla sua diffusione. 

Al momento siamo in circa 500 ad aver aderito a questa iniziativa che è stata ripresa anche da alcuni quotidiani nazionali. 

Come ha detto il prof. Lucio Russo al termine della presentazione del 7 giugno, “è un ottimo inizio, ma ora bisogna fare di più”. 

Le offensive dichiarazioni del ministro Bianchi, che per giustificare il nuovo sistema di formazione varato con il Decreto 36 ha parlato di urgenza di “riaddestrare i docenti” e ha paragonato le conoscenze, che gli allievi acquisiscono gradualmente grazie al lavoro dei docenti, alle “informazioni” presenti in internet, facendo passare implicitamente l’idea dell’inutilità della scuola, rendono più che mai attuale la nostra iniziativa. 

Il continuo attacco alla libertà d’insegnamento che queste dichiarazioni mettono in luce non può che allarmare tutti noi, considerato che arrivano da un ministro dell’Istruzione, cioè da colui che per primo dovrebbe essere garante di questa libertà costituzionalmente riconosciuta, uno degli elementi che distinguono i regimi autoritari da quelli democratici.

I provvedimenti del Decreto 36 vanno abrogati e il ministro deve ritirare le vergognose dichiarazioni che dimostrano la sua lontananza dal mondo della scuola. 

Anche per questo, in sintonia con le conclusioni dell’Appello, abbiamo cominciato a ragionare sui tempi e sulle modalità della costruzione di una Conferenza Nazionale, della quale vi terremo aggiornati. 

Nell’augurare a tutti buone vacanze, vi proponiamo di far conoscere l’appello ancora più largamente in questi mesi, invitando a sottoscriverlo.

Da parte nostra vi terremo aggiornati sulla preparazione della Conferenza Nazionale e/o su iniziative ad essa collegate: abbiamo argomenti per portare avanti insieme le nostre idee, l’importante è dare continuità all’azione avviata. 

I promotori dell’Appello per una scuola di cultura e conoscenza

Appello per la difesa e il rilancio delle discipline, della professione insegnante e del futuro dei giovani

Appello-discipline-insegnanti-diritti-giovani

Nelle scorse settimane, a seguito di un confronto con i promotori della LIP-Scuola e quelli del Manifesto per la nuova scuola, nonché della preoccupazione per le dichiarazioni del ministro Bianchi in merito ad un nuovo attacco al sapere e alla professione insegnante, è nato l’ “Appello per la difesa e il rilancio delle discipline, della professione insegnante e del futuro dei giovani”.

Questo appello, dal titolo “Per una scuola di cultura e conoscenza”, è presentato da 174 primi firmatari di tutta Italia, tra i quali un primo gruppo di docenti universitari.

Martedì prossimo, 7 giugno, alle ore 18, si terrà un webinar di presentazione con alcuni promotori e alcuni di questi docenti universitari. 

L’appello si conclude con la proposta di organizzare per settembre una Conferenza Nazionale su questi temi, quanto mai di attualità, anche a seguito della presentazione del Decreto 36 contro il quale la scuola ha scioperato il 30 maggio.

Vi invitiamo pertanto a: 

  • diffondere l’appello, sottoscriverlo e farlo sottoscrivere (aprendo l’appello si trova, in fondo, il link per aderire);
  • partecipare e invitare altri a partecipare al webinar di martedì, ore 18, al link https://youtu.be/LgEI3wsOaz0

Vi aspettiamo al webinar, sostenete questa iniziativa, contro l’attacco alla cultura e alla professione insegnante che si continua a portare avanti.

Pericolo Decreto Legge 36 – Unità per il ritiro integrale!

Un affronto a tutti gli insegnanti, un attacco alla libertà d’insegnamento, un ennesimo tentativo di dividere la categoria!

10-Domande-10-Risposte-sul-Decreto-36

1) Il Decreto Legge 36 riguarda solo il reclutamento e la formazione iniziale o tutti i docenti? 

Il Decreto varato dal governo riguarda tutti, nessuno escluso. Una parte è dedicata alla formazione iniziale e l’altra a tutti i docenti.

2) Il Decreto cerca di riesumare il “bonus” premiale della “buona” scuola di Renzi? 

Sì, attraverso la formazione, ma va ben oltre: il nuovo “bonus Bianchi” è ancora peggio.

3) Perché?

Per essere “buoni insegnanti” e accedere al “bonus” bisognerebbe frequentare corsi di aggiornamento di durata triennale con una verifica in itinere e una finale, cioè con un esame.

4) Un esame finale? E da chi sarebbero valutati i docenti? 

Si ripropone l’utilizzo del Comitato di valutazione per giudicare i docenti, durante e alla fine del corso triennale. Sono previste relazioni e colloqui. Peggio: il comitato, oltre che da colleghi della stessa scuola, sarà composto da un ispettore o da un dirigente di un’altra scuola!

5) Per aumentare la propria retribuzione, tutti gli insegnanti potrebbero, in via teorica, ottenere il bonus? 

No, solo un massimo del 40% dei docenti potrà ricevere il bonus. Non solo Renzi viene riesumato in forma più grave, ma ciò avviene in perfetta applicazione del decreto Brunetta (165/2010)!

6) Chi promuoverebbe la formazione? 

Il decreto istituisce una Scuola di Alta Formazione, che si avvarrebbe del’Indire e dell’Invalsi. In pratica, tutta la formazione, fino ad oggi libera, viene messa sotto “tutela” pedagogica e didattica per creare un sistema di indottrinamento e controllo dei docenti, indirizzato alla gestione manageriale e tecnologica delle scuole. Si può già immaginare una nuova (e/o riciclata) pletora di “esperti” (che non vedono alunni da anni, se mai li hanno visti), con stipendi altissimi, mentre per i docenti non ci sono mai i soldi per aumenti contrattuali decenti. Non solo: dal 2027 i soldi per finanziare questa Scuola di “alta” formazione verrano prelevati dalla… Card dei docenti (€ 500 per ogni insegnante)!

7) Con quali fondi si finanzierà il “bonus” per il 40% dei docenti? 

Dal MOF e con il taglio degli organici dal 2026 al 2031, per un totale di 9.600 posti soppressi!

8) É previsto anche un “bonus” per chi resta nella stessa scuola per più anni?

Sì, è previsto per chi non chiede trasferimento per tre anni. In questo caso, i soldi vengono presi dal… fondo per il “bonus-merito” istituito da Renzi e che la mobilitazione e la contrattazione era riuscita a riportare nel fondo di istituto!

9) Che cosa si prevede invece per la formazione iniziale e per i precari? 

Anche qui, i docenti della scuola secondaria (di 1° e 2° grado) verrebbero messi sotto controllo. Dopo un percorso per l’acquisizione di 60 crediti (vedere mercato dei crediti…) ci sarebbe un concorso, superato il quale, per la conferma in ruolo, l’anno di prova si concluderebbe con un test finale e il giudizio del dirigente scolastico. Per i precari con più di tre anni di servizio, i crediti si riducono a 30.

10) Perché si conosce così poco di questo attacco alla professione insegnante e alla scuola?

Questo governo sembra aver ben compreso la “lezione” della “riforma” Renzi: a parlarne tanto, a farsi propaganda, si finisce per esporsi alla verità e dunque alla mobilitazione. Meglio nascondere, scrivere il decreto con un linguaggio tecnico incomprensibile, intrecciare gli articoli, parlare di formazione e non di stipendio al “merito”…
Come nel 2000, nel 2010 e nel 2015, siamo di fronte all’ennesimo tentativo di mettere sotto controllo la professione insegnante, di imporre una pedagogia e un metodo e di dividere l’unità della categoria. Il tutto, mentre lo stesso ministro annuncia una “essenzializzazione” dei curricoli, cioè un ulteriore svuotamento della scuola.  

La libertà d’insegnamento è costituzionalmente garantita e solo nei regimi autoritari viene rimessa in causa. É una delle libertà fondamentali, collegata a tutte le altre, e per questo tutti i cittadini hanno interesse a difenderla. 

Per la scuola è anche garanzia di qualità: solo un docente veramente libero può insegnare scegliendo i metodi, modulandoli secondo le situazioni, le classi, gli alunni, confrontandosi con i colleghi, anche per respingere il tentativo di abbassamento culturale che le “riforme” portano avanti. 

Come con i precedenti tentativi, fermiamo questo attacco, questo vero affronto alla professione insegnante!

Ritiro integrale del Decreto Legge 36!

“Manifesto dei 500”, 20 maggio 2022
(scaricate il pdf, diffondete il “10 Domande-10 Risposte”, informate nelle scuole!)

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Un po’ di storia della difesa della libertà d’insegnamento e dell’unità della categoria 

  • Gennaio 2000: il ministro Berlinguer promuove un “concorso” a quiz – definito subito “concorsone” –  per “premiare” il 25% dei docenti “vincitori”. Il concorsone suscita la reazione e l’indignazione della categoria che sciopera in massa il 17 febbraio, costringendo Berlinguer a ritirare il provvedimento e poi alle dimissioni.
  • Febbraio 2010: il ministro Gelmini tenta una “sperimentazione” a Torino e Napoli per introdurre differenziazioni salariali al “merito” nelle scuole. I collegi docenti delle due città votano in massa di non aderire. Il tentativo fallisce.
  • 5 maggio 2015: il mondo della scuola realizza il più grande sciopero della sua storia contro la “riforma” chiamata “buona scuola” di Renzi, che comprende la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti e il bonus al merito deciso dai presidi stessi sulla base dei criteri decisi da un comitato di valutazione composto da docenti e genitori. La legge 107 passa, ma la mobilitazione prosegue e alla fine la chiamata diretta e il bonus vengono eliminati con accordi sindacali.

Dietro al non ritorno in classe dei non vaccinati: un attacco micidiale alla più elementare democrazia (qualunque cosa si pensi dei vaccini)

Nella vicenda degli insegnanti e del personale scolastico sospeso per non essersi vaccinato, le dichiarazioni del ministro Bianchi, rese in Parlamento attraverso il ministro D’Incà (per assenza del primo), segnano un salto di qualità che supera una linea pericolosa per la difesa delle libertà fondamentali di uno Stato democratico. 

Il ministro ha infatti “giustificato” il non ritorno in classe dei non vaccinati, nonostante la fine dello Stato di emergenza, con il fatto che ciò sarebbe “diseducativo”: “Gli insegnanti inadempienti disattendono il patto sociale ed educativo su cui si fonda la comunità nella quale sono inseriti. Il puro e semplice rientro in classe avrebbe comportato un segnale altamente diseducativo”.

Siamo di fronte a qualcosa di molto grave, perché per la prima volta (almeno in modo ufficiale) una misura – quale che sia – non viene giustificata per motivazioni sanitarie, di ordine pubblico, di sicurezza, ma per questioni di pensiero di cittadini e lavoratori. 

La cosa è aggravata dal fatto che questi lavoratori godono non solo delle libertà sindacali, politiche, di espressione e pensiero sancite dalla Costituzione, ma più specificatamente della libertà d’insegnamento. Quest’ultima non è certamente, come abbiamo sempre scritto, la libertà di utilizzare la cattedra come un pulpito, ma non può nemmeno essere calpestata per colpire docenti che non la pensano come il governo e il ministro! 

A scanso di equivoci e per precisare ancora una volta: come “Manifesto dei 500” abbiamo scelto fin dall’inizio di non entrare sul terreno delle argomentazioni scientifiche e dunque della validità dei vaccini. Abbiamo denunciato incongruenze e forzature, combattuto la divisione e le tensioni interne alle scuole, nonché i disagi che i provvedimenti immettevano, sollevato problemi sulla discriminazione dei lavoratori,  ma anche preso le distanze dalla scienza “fai da te” dei social e dei talk-show, denunciando come anti-scientifico sia l’assolutismo (poi rivelatosi pieno di falsità) delle affermazioni del governo, sia la tendenza a spiegare tutto come un complotto, negando i progressi della scienza, seppur nei limiti che questa società impone.

E abbiamo detto che la divisione aveva un solo obiettivo: nascondere le responsabilità del governo per tutto ciò che non ha fatto, e poteva fare, di veramente sanitario. 

Ora siamo di fronte a qualcosa che esula dai vaccini, dal Covid, dai provvedimenti da adottare o meno, dal dibattito scientifico. Esula da ogni opinione sulle scelte dei docenti in campo vaccinale e sulla validità dei provvedimenti presi nei mesi scorsi. 

Qui si sospendono insegnanti sulla base del loro pensiero, rivendicandolo. 

Si badi bene: non di che cosa hanno fatto in classe e nemmeno. – e sarebbe comunque grave – di che cosa potrebbero fare o dire, ma di ciò che pensano e rappresentano per il solo fatto di aver… rispettato la legge e accettato le conseguenze (peraltro pesanti)! 

E si badi bene: mentre si sbandiera la “privacy”, si additano questi docenti che invece, magari, vorrebbero veder rispettato il diritto a tenere riservate le loro scelte. 

Questo non ha nulla a che vedere con la democrazia, benché forse, nella degenerazione della politica, chi ha formulato quelle “giustificazioni” non se ne renda nemmeno conto. 

Per questo chiediamo a tutte le forze politiche e sindacali, nonché associative, che prendano posizione affinché il ministro ritiri le sue espressioni e di conseguenza le misure adottate, se non altro per un fatto: per suo stesso dire non hanno nulla di sanitario. 

Chi deve pagare per il caos nelle scuole?

Invitiamo a leggere e diffondere la dichiarazione che denuncia la situazione reale delle scuole, l’atteggiamento del ministro e del governo e ribadisce ancora una volta come sia insopportabile che in una simile situazione vengano chiamati a pagare i pochi insegnanti e lavoratori ATA che non sono vaccinati.

Più che mai lanciamo l’appello alle forze politiche e specialmente sindacali: la deriva innescata va fermata, ormai al governo viene concesso di tutto, non è possibile che a due anni dallo scoppio della pandemia ci si trovi in questa situazione.

Lo sciopero del 10 dicembre per unire contro il governo, che invece divide e colpisce i lavoratori con il Super Green pass

Alla vigilia dello sciopero del 10 dicembre, il gruppo organizzativo del “Manifesto dei 500” ha adottato la dichiarazione allegata che, nel sostenere la giornata di lotta, sottopone ai dirigenti sindacali e più in generale al mondo del lavoro alcune riflessioni e prese di posizione sul Super Greenpass, che diventerà operativo per il personale della scuola dal 15 dicembre.

Invitiamo i nostri contatti a diffondere questa dichiarazione e ad agire nelle scuole per contrastare la divisione che il governo alimenta ad arte, e a promuovere invece il dialogo, che presuppone la solidarietà con quanti rischiano di essere colpiti nel diritto al lavoro e allo stipendio.

Manifesto dei 500, 9 dicembre 2021

Dichiarazione-Super-Greenpass

Green Pass obbligatorio: NO alla divisione!

Dichiarazione-Green-Pass

Il gruppo organizzativo del “Manifesto dei 500” sottopone al mondo della scuola, alle organizzazioni sindacali e alle forze politiche le riflessioni qui allegate in merito al decreto del governo che ha stabilito l’obbligatorietà del Green pass e la conseguente sospensione del personale che non lo possiede.
Si tratta di una materia complessa e difficile, per la quale il rischio di tensioni, divisioni, discriminazioni, caos organizzativo è molto alto, oltre a quello di vedere lavoratori sospesi e senza stipendio, mentre il governo viene assolto da tutte le sue responsabilità.
In questa situazione difficile, il nostro limitato intento è quello di combattere la divisione e portare un contributo per unire le forze nella direzione dei provvedimenti che da un anno e più mancano, e continuano a mancare, nelle scuole.
Vi invitiamo a scaricare queste riflessioni e a farle conoscere nelle scuole.