Dietro al non ritorno in classe dei non vaccinati: un attacco micidiale alla più elementare democrazia (qualunque cosa si pensi dei vaccini)

Nella vicenda degli insegnanti e del personale scolastico sospeso per non essersi vaccinato, le dichiarazioni del ministro Bianchi, rese in Parlamento attraverso il ministro D’Incà (per assenza del primo), segnano un salto di qualità che supera una linea pericolosa per la difesa delle libertà fondamentali di uno Stato democratico. 

Il ministro ha infatti “giustificato” il non ritorno in classe dei non vaccinati, nonostante la fine dello Stato di emergenza, con il fatto che ciò sarebbe “diseducativo”: “Gli insegnanti inadempienti disattendono il patto sociale ed educativo su cui si fonda la comunità nella quale sono inseriti. Il puro e semplice rientro in classe avrebbe comportato un segnale altamente diseducativo”.

Siamo di fronte a qualcosa di molto grave, perché per la prima volta (almeno in modo ufficiale) una misura – quale che sia – non viene giustificata per motivazioni sanitarie, di ordine pubblico, di sicurezza, ma per questioni di pensiero di cittadini e lavoratori. 

La cosa è aggravata dal fatto che questi lavoratori godono non solo delle libertà sindacali, politiche, di espressione e pensiero sancite dalla Costituzione, ma più specificatamente della libertà d’insegnamento. Quest’ultima non è certamente, come abbiamo sempre scritto, la libertà di utilizzare la cattedra come un pulpito, ma non può nemmeno essere calpestata per colpire docenti che non la pensano come il governo e il ministro! 

A scanso di equivoci e per precisare ancora una volta: come “Manifesto dei 500” abbiamo scelto fin dall’inizio di non entrare sul terreno delle argomentazioni scientifiche e dunque della validità dei vaccini. Abbiamo denunciato incongruenze e forzature, combattuto la divisione e le tensioni interne alle scuole, nonché i disagi che i provvedimenti immettevano, sollevato problemi sulla discriminazione dei lavoratori,  ma anche preso le distanze dalla scienza “fai da te” dei social e dei talk-show, denunciando come anti-scientifico sia l’assolutismo (poi rivelatosi pieno di falsità) delle affermazioni del governo, sia la tendenza a spiegare tutto come un complotto, negando i progressi della scienza, seppur nei limiti che questa società impone.

E abbiamo detto che la divisione aveva un solo obiettivo: nascondere le responsabilità del governo per tutto ciò che non ha fatto, e poteva fare, di veramente sanitario. 

Ora siamo di fronte a qualcosa che esula dai vaccini, dal Covid, dai provvedimenti da adottare o meno, dal dibattito scientifico. Esula da ogni opinione sulle scelte dei docenti in campo vaccinale e sulla validità dei provvedimenti presi nei mesi scorsi. 

Qui si sospendono insegnanti sulla base del loro pensiero, rivendicandolo. 

Si badi bene: non di che cosa hanno fatto in classe e nemmeno. – e sarebbe comunque grave – di che cosa potrebbero fare o dire, ma di ciò che pensano e rappresentano per il solo fatto di aver… rispettato la legge e accettato le conseguenze (peraltro pesanti)! 

E si badi bene: mentre si sbandiera la “privacy”, si additano questi docenti che invece, magari, vorrebbero veder rispettato il diritto a tenere riservate le loro scelte. 

Questo non ha nulla a che vedere con la democrazia, benché forse, nella degenerazione della politica, chi ha formulato quelle “giustificazioni” non se ne renda nemmeno conto. 

Per questo chiediamo a tutte le forze politiche e sindacali, nonché associative, che prendano posizione affinché il ministro ritiri le sue espressioni e di conseguenza le misure adottate, se non altro per un fatto: per suo stesso dire non hanno nulla di sanitario. 

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