Lettere dalla Scuola di luglio: ancora la mensa scolastica a Torino (incontro con il sindaco)

Lettere dalla scuola

Corrispondenza tra insegnanti e genitori promossa dal comitato nazionale del “Manifesto dei 500”.

n. 9 – luglio 2002

Perché gli aumenti della mensa scolastica a Torino rappresentano una prima applicazione
della “riforma” Moratti e riguardano tutto il Paese?

All’interno di questo numero i lettori potranno trovare il verbale integrale dell’incontro che si è svolto il 1° luglio 2002 tra una delegazione di genitori e insegnanti di Torino e il sindaco e l’assessore di centro-sinistra della città.
L’oggetto dell’incontro era la richiesta di ritiro degli aumenti delle rette delle mense deliberati dal comune che superano, in alcuni casi, il 70-80% delle tariffe attuali.
Apparentemente il problema sembrerebbe riguardare solo la città di Torino. Apparentemente……

Al centro della questioni c’è una frase scritta nella lettera inviata a tutte le famiglie per giustificare gli aumenti: “La mensa è obbligatoria? No, chi vuole può andare a prendere il proprio figlio e riaccompagnarlo dopo pranzo”.
La combinazione tra questi due elementi (gli aumenti e questa frase) determina fin d’ora alcune conseguenze dirompenti sulla scuola pubblica e sul Tempo Pieno in particolare.
1) molte famiglie, non potendo o volendo pagare quote altissime, stanno ritirando i bambini dalla mensa;
2) prima di tutto questo produce un danno sulla struttura del TP, sulla sua funzione e sul suo valore educativo, sull’unità della classe ecc…;
3) ma non si tratta solo di questo: gradualmente e a partire dalle classi prime, si tenderà a formare classi di bambini che vanno a casa e poi rientrano. Ma, poiché la presenza di insegnanti nell’orario del pasto sarà a quel punto ingiustificata, quella stessa classe sarà trasformata in una specie di modulo…Come coprire però i pomeriggi scoperti? Con cooperative, privati, personale esterno, magari a pagamento come previsto proprio dalla Moratti;
4) nel frattempo, gli insegnanti che non lavoreranno più nelle ore di mensa potrebbero essere utilizzati per supplenze, accorpamenti di classe durante il pasto, utilizzo flessibile dell’orario….

Fantascienza? Assolutamente no, il meccanismo è già avviato: alcune direzioni stanno già concedendo decine di permessi di uscita-rientro e stanno persino predisponendo dei moduli di scelta….
In poco tempo le famiglie e i bambini si chiederanno: “Perché mangiare a scuola se i miei compagni vanno a casa e poi possono rientrare lo stesso fino alle 16.30 ?”.
Altre famiglie e altre scuole potrebbero organizzarsi da sole: perché pagare rette così alte, quando si può dare direttamente in appalto questo servizio a esterni, e magari anche le ore pomeridiane?
Nella situazione economica del Paese, si sa, ci saranno sempre dei privati (meglio se “sociali”) pronti a fare questi servizi per poche lire (scusate, euro), senza alcune garanzia educativa, senza controlli di qualità……..

Qualcuno aveva forse pensato che Berlusconi e la Moratti potessero distruggere il TP in un solo colpo?
Si prospetta invece una situazione diversa: è il centro-sinistra che, a partire dalle città dove amministra, mette in atto un meccanismo di dislocazione e frantumazione di questo modello di scuola. E’ il centro-sinistra che aiuta la Moratti e ne applica la “riforma” prima ancora che venga varata dal Parlamento…
Cosa ci avevano detto i parlamentari della destra e il ministro? “Il servizio di tempo pieno sarà salvato”. E infatti il “servizio”, cioè l’orario, sarà salvo: ma totalmente stravolto, privatizzato, demolito.
Un’ultima riflessione: nella città di Torino, dopo questi aumenti, ci sono scuole elementari e materne private, sottolineo “private”, che costano meno delle pubbliche. Il motivo è semplice: ricevono soldi, miliardi, dal….comune stesso. Postilla: le spese per le scuole private sono deducibili, quelle per le scuole pubbliche no.
E’ per tutti questi motivi che il “Manifesto dei 500” ha deciso che la mobilitazione per il ritiro degli aumenti sarà nei prossimi mesi centrale. A tutti gli insegnanti e i genitori d’Italia diciamo: unitevi a noi e sostenete questa lotta. Oggi, Torino: domani, a chi potrebbe toccare?

Lorenzo Varaldo, coordinatore del “Manifesto dei 500”

PS: mentre chiudiamo questo numero ci giunge notizia che la giunta provinciale di Trento, anch’essa di centro-sinistra, avrebbe deciso di “sperimentare” la riforma Moratti già a settembre 2002….

“Manifesto dei 500 insegnanti e genitori per il ritiro della riforma dei cicli e la difesa della scuola pubblica”

“No agli aumenti delle mense a Torino.
La giunta di centro-sinistra di Chiamparino anticipa la riforma Moratti:
appuntamento a settembre per organizzare la mobilitazione
per il ritiro degli aumenti e la difesa della scuola pubblica”

Dichiarazione approvata a seguito della delegazione che il 1° luglio 2002
è stata ricevuta dal sindaco di Torino e dall’assessore all’Istruzione

Il 1° luglio 2002, circa 100 genitori e insegnanti si sono trovati davanti al Municipio di Torino in un presidio indetto dal “Manifesto dei 500” e dal “Coordinamento genitori” per protestare contro gli aumenti delle rette delle mense predisposti dalla giunta e che arrivano a superare il 70-80% delle tariffe attuali.
Il presidio aveva l’obiettivo di sostenere la delegazione che è stata ricevuta dal sindaco e dall’assessore all’istruzione, delegazione incaricata dall’assemblea del 13 giugno di chiedere il ritiro degli aumenti.

Tale richiesta è motivata da due questioni principali: da un lato la portata degli aumenti, che peserà in modo preoccupante sui bilanci di migliaia e migliaia di famiglie, e che è del tutto ingiustificata rispetto al blocco delle retribuzioni dei lavoratori, alle condizioni di precarietà che vive la nostra città, agli aumenti che già si verificano per altre tariffe e spese,….; dall’altro, dalla frase contenuta nella lettera inviata alle famiglie dall’amministrazione per giustificare gli aumenti, frase che rispondeva in questo modo alla domanda “La Mensa è obbligatoria?”: “No, chi vuole può andare a prendere il proprio figlio e riaccompagnarlo”. Tale frase, infatti, stravolgendo l’organizzazione in particolare del Tempo Pieno nelle elementari, apre la strada al suo ridimensionamento, alla sua disarticolazione, al far diventare la mensa un servizio facoltativo, e quindi, in ultima analisi, va proprio nella direzione dell’applicazione della “riforma” Moratti, dell’organizzazione autonoma del servizio mensa, della privatizzazione di una parte dell’orario scolastico e della disarticolazione delle classi e degli orari.

Una delegazione di otto genitori e insegnanti è stata dunque ricevuta. La delegazione era composta da: Mario Contu, (Presidente consiglio di Circolo “Salgari”), Guido Montanari (presidente consiglio d’Istituto Manzoni-Rayneri), Cinzia Quagliotti (“Coordinamento genitori”), Andreja Rastek (associazione genitori Mirafiori), Roberto Romagnoli (responsabile “Coordinamento genitori”), Lea Terracini (genitore Gozzi Olivetti), Gianni Usai (“Coordinamento genitori”), Lorenzo Varaldo (coordinatore “Manifesto dei 500”).

Dopo aver esposto brevemente i motivi per i quali si era convocato il presidio e aver formulato la richiesta di ritiro degli aumenti, la delegazione ha ascoltato le incredibili dichiarazioni del sindaco e dell’assessore. Come si potrà vedere in modo inequivocabile dal verbale integrale dell’incontro, essi hanno affermato che il provvedimento, lungi dal colpire le famiglie, è invece equo perché aumenta le rette ai ricchi e solo di pochissimo ai poveri; che il nuovo sistema di controllo degli scaglioni di reddito introdotto è giusto e semplice; che gli aumenti corrispondono ad un miglioramento della qualità. Le dichiarazioni più incredibili, poi, sono state quelle secondo cui gli aumenti della mensa sarebbero un provvedimento volto alla difesa della scuola pubblica e in particolare del Tempo Pieno (vedere verbali integrali).

I genitori e gli insegnanti hanno argomentato con calma, dimostrando punto per punto la realtà dei fatti, a partire da quello più evidente e sotto gli occhi di tutti: fin d’ora decine e decine di famiglie hanno cominciato a chiedere l’esonero dalla mensa, avviando un processo di demolizione del Tempo Pieno e di disarticolazione dell’orario scolastico. A questa argomentazione è stato risposto che si tratta di “discorsi ideologici e politici”, e che, in ogni caso, se i genitori tolgono i propri figli dal Tempo Pieno solo per questioni di rette vuol dire che non hanno capito nulla del Tempo Pieno, e “allora ha ragione la Moratti”. La delegazione ha poi spiegato che l’iter burocratico richiesto alle famiglie per accedere alle riduzioni è talmente complicato da costituire un ostacolo insormontabile proprio per le persone meno preparate, e costituirà un’ulteriore ingiustizia. E’ stato ricordato che mentre si propongono aumenti di questa entità, il comune di Venaria mantiene le rette a 5.000 lire a pasto (quota massima). Nello stesso momento gli stipendi medi e le condizioni di vita della stragrande maggioranza delle famiglie sono peggiorati nel potere d’acquisto e il provvedimento andrà a incidere ulteriormente su questo dato.

Anche di fronte a queste argomentazioni l’amministrazione ha dichiarato che non intende ritirare il provvedimento, che considera giusto, di difesa della scuola pubblica e in particolare del Tempo Pieno.
La delegazione ha quindi concluso l’incontro annunciando che avrebbe fatto un resoconto del dialogo ai partecipanti al presidio e insieme a loro avrebbe deciso come proseguire la mobilitazione.

Dopo il breve resoconto della delegazione, gli insegnanti e i genitori che hanno partecipato al presidio hanno deciso di:
1) pubblicare e far conoscere più largamente possibile il verbale integrale dell’incontro, in modo che tutta la popolazione sia informata di quello che si è discusso e delle risposte del sindaco e dell’assessore;
2) convocare un’assemblea cittadina in occasione del rientro scolastico di settembre, invitando tutti i genitori e gli insegnanti della città, per decidere insieme come proseguire la mobilitazione per il ritiro di questo provvedimento.
3) inviare il resoconto della delegazione del presidio ai comitati e gruppi delle altre città (Roma, Firenze, Milano, Forlì, Ravenna….) che hanno sostenuto l’iniziativa inviando telegrammi al sindaco di Torino.

Il “Manifesto dei 500” esce dal presidio più che mai convinto che questo provvedimento rappresenti un attacco al cuore della scuola pubblica e anticipi i contenuti della “riforma” Moratti, tra l’altro prima ancora che questa sia varata dal Parlamento. Il fatto che ciò avvenga ad opera di un’amministrazione di centro-sinistra è un’ulteriore aggravante che non può non inquietare tutti coloro che cercano l’unità più larga possibile per fermare questa “riforma” distruttiva.

Per questo il “Manifesto dei 500” rilancia l’invito a tutti i genitori e gli insegnanti a partecipare all’assemblea di settembre, in modo che una risposta adeguata venga adottata. I 100 genitori e insegnanti presenti al presidio del 1° luglio, convocato tra le mille difficoltà del periodo estivo, sono la base su cui costruire la mobilitazione per il ritiro degli aumenti.
A tutti gli insegnanti e i genitori diciamo: venite all’assemblea di settembre, discutiamo insieme quali iniziative prendere.
Difendiamo la scuola pubblica. Fermiamo gli aumenti, fermiamo la “riforma” Moratti che la giunta Chiamparino anticipa nei fatti.

Il “Manifesto dei 500”, 3 luglio 2002

Verbale integrale dell’incontro del 1° luglio 2002
con il sindaco di Torino, dott. Chiamparino, e con l’assessore all’istruzione,
dott.ssa Pozzi, sulla questione degli aumenti delle rette delle mense

Lorenzo Varaldo (“Manifesto dei 500”): “Presento brevemente la delegazione: Roberto Romagnoli, del Coordinamento genitori, Guido Montanari, genitore presidente del Consiglio d’Istituto della Manzoni-Rayneri, Lea Terracini, genitore, Cinzia Quagliotti, del Coordinamento genitori, Mario Contu, presidente del consiglio di circolo della scuola Salgari, Andreja Rastek, dell’Associazione genitori di Mirafiori, Gianni Usai, del Coordinamento genitori e infine io, Lorenzo Varaldo, coordinatore del “Manifesto dei 500”. Noi siamo qui oggi per chiedere una cosa precisa, e cioè il ritiro degli aumenti. Noi consideriamo questo provvedimento doppiamente pericoloso e doppiamente di attacco alla scuola pubblica. Da un lato perché gli aumenti sono evidentemente enormi, colpiscono pesantemente le condizioni economiche delle famiglie, richiedono tutta una serie di documentazioni e certificazioni che rendono molto difficile il percorso per le riduzioni, e questo si rivela appunto un attacco diretto alle condizioni economiche, e quindi alle condizioni di vita, di migliaia e migliaia di famiglie e di cittadini. Ma d’altra parte questa non è l’unica preoccupazione che ci porta qui oggi e per la quale chiediamo il ritiro degli aumenti. Un’altra questione ci sembra particolarmente grave, e deriva da una frase contenuta nel testo che avete fatto pervenire alle famiglie, là dove si chiede esplicitamente se la mensa è obbligatoria. Ebbene, la risposta “NO, non ‘ obbligatoria” sta portando in questo momento, a Torino, al fatto che decine e decine di famiglie stanno decidendo di ritirare i loro figli dalla mensa a causa di questi aumenti, e quindi stravolgere il particolare il Tempo Pieno. E siccome questo, e cioè la distruzione del Tempo Pieno, è uno dei contenuti principali della riforma Moratti, è evidente che il vostro provvedimento va ad innescare un processo che va nella direzione di applicare questa riforma prima ancora che questa riforma sia stata varata, perché è evidente che questo apre la strada allo svuotamento del Tempo Pieno, alla sua riduzione, alla sua dislocazione o comunque allo stravolgimento dello spirito e del valore di questo modello di scuola. E’ dunque a partire da questi due problemi principali che oggi abbiamo promosso questa delegazione e questo presidio, in un momento certamente difficile, perché siamo a luglio e i bambini non frequentano più la scuola, le famiglie in parte sono già via e comunque si incontrano con più difficoltà…Ma la risposta che noi abbiamo voluto dare oggi è un primo segnale che vuole esprimere il nostro rifiuto di questo attacco alla scuola pubblica e noi abbiamo reputato opportuno fare questo ora, nel momento in cui il provvedimento diventa esecutivo. Tra l’altro voi avete ricevuto telegrammi di sostegno alla nostra delegazione da altre città, e questo testimonia quello che noi pensiamo, e cioè che questo non è un problema solo di Torino, ma che la difesa della scuola pubblica e del Tempo Pieno sia un problema che riguarda tutto il Paese. Darei ora la parola a Roberto Romagnoli, del Coordinamento genitori, perché siamo due associazioni ad aver promosso questo presidio e Romagnoli potrà completare alcuni aspetti”.

Roberto Romagnoli (Coordinamento genitori): “Noi abbiamo mandato al sindaco e all’assessore una lettera aperta con cui chiedevamo questo incontro e nella quale spiegavamo i motivi della nostra contrarietà a questo provvedimento. Le nostre rimostranze sono di carattere tecnico e di carattere politico. Per quello che riguarda il carattere tecnico contestiamo prima di tutto le percentuali di aumento, Con la passata amministrazione avevamo raggiunto un’intesa, tacita o esplicita, che gli aumenti non dovessero superare la famosa soglia del 36% rispetto al costo complessivo del servizio che, tra l’altro è anche una disposizione di legge….

Sindaco, Sergio Chiamparino: “Il 36% come media su tutti i servizi a domanda individuale”

Roberto Romagnoli: “Sì, sì, conosciamo anche il trucchetto…”

Chiamparino: “Non si tratta di un trucchetto, è una legge che dice che il 36% si riferisce alla media dei servizi a domanda individuale”

Romagnoli: “E questo appunto presuppone anche delle scelte politiche da parte dell’amministrazione, che può prediligere delle scelte invece di altre. Dicevo della tacita o esplicita intesa del passato. Ci risulta da quanto è stato scritto dai vostri organi tecnici che questo tetto del 36%, su quasi tutte le fasce, è stato superato, anche facendo la media ponderale. Sull’incidenza dei costi sulla formazione del prezzo, (e tra l’altro questa è una vecchia diatriba che non è stata ancora superata), non sappiamo esattamente quali siano i centri di costo che vanno a formare il prezzo del pasto e quindi gradiremmo che su questa questione venisse fatta chiarezza una volta per tutte. Poi sarebbe buona norma e questo non soltanto per i pasti, ma per tutti i servizi, non solo quelli pubblici, che l’incremento richiesto fosse accompagnato da un miglioramento della qualità o della quantità, e non ci risulta che ci siano questi incrementi qualitativi o quantitativi. Sul discorso delle procedure è stato già accennato qualcosa da Varaldo; molto probabilmente non c’è stato un coordinamento tra l’amministrazione e i CAF, tanto che ci sono notevoli difficoltà nell’accedere ai CAF, nel prenotarsi, nel ricevere informazioni dai CAF da parte dei genitori. E poi ci sono degli strumenti che dovrebbe mettere in atto l’amministrazione, per quanto riguarda soprattutto le informazione che l’amministrazione ha già a sua disposizione e che non devono essere richieste, e questa è una vecchia diatriba su cui purtroppo ogni tanto si debbono ristabilire le cose. Ci sono delle informazioni che sono a disposizione dell’amministrazione, altre del catasto, e che devono essere acquisite automaticamente e non richiedere ogni volta alle famiglie d’identificare la fascia di contribuzione. Una cosa aberrante, secondo noi, è il discorso della contribuzione inferiore per il secondo figlio. Dalle risultanze anagrafiche risulta tutta la composizione della famiglia e quindi non si vede perché le famiglie debbano rivolgersi al CAF per questo adempimento. Ci tengo a sottolineare oltretutto che noi come Coordinamento genitori avevamo proposto ed attuato la commissione tecnico-scientifica che nel campo delle mense ha funzionato, e proficuamente, negli anni scorsi. Quest’anno, combinazione, abbiamo ritenuto di soprassedere alla nostra partecipazione a questa commissione, e ci siamo ritrovati tra capo e collo questa situazione. Abbiamo fatto male ad abbandonare questa commissione?
Poi ci sono delle questioni di carattere politico ed economico. Prima di tutto in questo periodo Torino sta vivendo una situazione di estrema precarietà, sappiamo tutti delle vicende FIAT, dell’indotto e quant’altro. Questa situazione di precarietà si riflette sulle famiglie e quindi ci pare strano che un’amministrazione, tra l’altro di un certo orientamento politico, metta in atto delle scelte di questo tipo che si riversano proprio sulle famiglie. Avremmo preferito che le scelte fossero di un altro tipo, e invece vediamo che notevoli risorse economiche ed umane vengono utilizzate per la partita delle Olimpiadi e invece per questioni che sono direttamente collegate alla vita delle famiglie, delle persone…

Chiamparino: Scusi la interrompo solo un attimo perché vorrei che non si parlasse di cose che non hanno alcun rapporto con quanto si discute qui, perché per le Olimpiadi si tratta di spese in conto capitale e non c’entra niente”

Romagnoli: “C’è anche questo problema, poi c’è quello del finanziamento alle scuole private”

Chiamparino: “Si rischia di mescolare le mele con i gamberi, se si vuol fare della nouvelle cuisine…”

Romagnoli: “Nella sua lettera ci ha fatto particolarmente irritare l’accenno al Tempo pieno. Nella sua lettera si dice che c’è una particolare attenzione al Tempo Pieno, che l’amministrazione avrebbe questa particolare attenzione. Dopodiché lei fa rispondere dai suoi organismi tecnici con una domanda che non so se chiamarla sibillina o asettica come abbiamo scritto nella lettera. La domanda è “La mensa è obbligatoria o no?” ed è chiaro che i suoi organismi tecnici non potevano che rispondere “no”. Però ci saremmo aspettati che a questa domanda, che secondo me è una domanda retorica, e avrebbe meritato una risposta altrettanto retorica, avesse risposto lei. E invece ha risposto lei dicendo che il TP è un fiore all’occhiello dell’amministrazione pubblica e che l’amministrazione comunale di Torino ha come obiettivo quello di aumentare la fruizione di questo importante istituto. Purtroppo, in realtà, con questo provvedimento di aumento delle rette, le famiglie si disaffezionano a questo discorso, non considerano più il tempo mensa come un tempo di scuola, e questo va, proprio in questo momento, a vantaggio del Ministero dell’Istruzione Pubblica, non più chiamato così, ma solo dell’Istruzione. Sappiamo benissimo che nella riforma Moratti è prevista le distruzione del Tempo Pieno. Un provvedimento come il vostro, fatto da un’amministrazione, ripeto, di un certo colore politico, va nella direzione di anticipare la riforma Moratti, e noi che ci battiamo contro questa legge contestiamo questo in particolar modo all’amministrazione.
In conclusione noi contestiamo la botta economica sulle famiglie e la botta alla scuola pubblica e in particolare al Tempo Pieno.

Chiamparino: “Da quel che risulta a me è dal 1994 che non c’è un adeguamento delle tariffe, salvo gli adeguamenti ISTAT. E siccome la qualità del servizio è completamente cambiata si imponeva un adeguamento che non fosse solo quello dell’ISTAT. Questa è la prima considerazione. Tanto è che i calcoli che abbiamo fatto prima di prendere questa decisione è la constatazione che il tasso di copertura del costo era mediamente inferiore al 50% e quindi, se le cose andranno come noi speriamo vadano, con il nostro provvedimento la copertura del costo arriverà ad essere leggermente superiore al 50%. Queste due considerazioni sono più che sufficienti, da un lato, purtroppo per voi, per rispondere negativamente alla richiesta di ritiro del provvedimento, e dall’altra parte per rispedire al mittente le critiche sul fatto che questo provvedimento metterebbe in crisi la scuola pubblica in quella particolare funzione che ha il servizio di mensa e non solo, negli altri servizi integrativi. E’ vero assolutamente l’opposto: è il rifiutarsi di prendere atto che un servizio va, con la maggiore equità possibile, e poi l’assessore Pozzi vi farà degli esempi che testimoniano come si voglia garantire questa maggior equità possibile, quando si cerca di garantire una copertura minima, indispensabile, dei servizi pubblici. Si attacca la scuola pubblica quando si rifiuta di prendere atto di questo. Questo sì porterebbe al fatto che prima o poi il Comune dovrebbe ridurre i servizi. Perché quando si governa le risorse sono un dato che spesso non dipende neanche da noi ma sono una variate dalla quale non si può prescindere. E in questo caso non si può pensare di portare avanti un servizio senza questo provvedimento, perché da quasi dieci anni non ci sono aumenti che non siano dovuti all’ISTAT. La questione del 36% è, come è noto a tutti, una percentuale che viene prevista per tutti i servizi individuali alla persona, e quindi anche quelli che riguardano gli handicappati piuttosto che gli anziani, e quindi le Olimpiadi non c’entrano nulla, vi chiedo scusa se vi ho interrotto, ma le Olimpiadi sono spesa in conto capitale che ci viene trasferita dallo Stato, e anche se non ci fossero le olimpiadi gli aumenti li avremmo fatti lo stesso. Questa è propaganda politica che poi ognuno fa dove vuole, nelle piazze, ecc, ma per sapere di cosa si parla le Olimpiadi non c’entrano niente. Quindi, diciamo, mi par di capire che chi rischia di mettere a repentaglio la scuola pubblica, la funzione importante che Torino ha sempre avuto per la scuola, anche per anticipare delle tendenze che poi hanno pervaso il resto del sistema scolastico del nord e del centro Italia, cioè di andare verso un pieno utilizzo del Tempo Pieno, non è certo chi come noi cerca di mantenere un rapporto equo tra costi e ciò che il Comune mette. Perché altrimenti prima o poi si dovrebbero tagliare le mense, si potrebbe andare avanti ancora un anno, due, ma poi dove si comincia a tagliare, dalle medie? Oppure aumentare la fiscalità generale, che però ovviamente è un modo diverso per ottenere gli stessi risultati. A me sembra più utile farlo con il corrispettivo di un servizio come stiamo cercando di farlo. Lascerei ora alla Pozzi l’integrazione di queste mie considerazioni generali.

Assessore, Paola Pozzi: “Aggiungerei a quanto diceva il sindaco il fatto che il rischio che si potrebbe correre non è soltanto quello di intervenire un domani prossimo sulle mense, ma il rischio è quello di dover intervenire complessivamente sulla spesa che il sistema educativo sostiene per la scuola torinese. E allora il rischio sarebbe davvero grave, perché vorrebbe dire che per far pagare un po’ meno il pasto, anche a chi ha dei redditi alti, perché sapete benissimo che i redditi bassi hanno un aumento mensile di due euro al mese, di tre quattro euro al mese, gli aumenti consistenti, decisamente consistenti, sono per le due fasce alte, parliamo di redditi decisamente medio alti, cioè quelle persone per le quali pagare il costo del pasto per i propri figli non mette a repentaglio la richiesta di Tempo Pieno o di un servizio scolastico di qualità. Il rischio è che, per far pagare un po’ meno a queste fasce, e quindi secondo quanto è stato detto salvaguardare la qualità della scuola e del Tempo Pieno, noi rischiamo di dover poi fare dei risparmi su altre cose, che non sono obbligate, e che sono i miliardi che la città stessa spende per dare offerte educative alla scuola e che, se facessimo un risparmio su quelle voci lì, sul Crescere in Città, sull’orientamento, sugli stage in azienda, sulle attività per la dispersione scolastica, attività che non sono obbligatorie, ma che sono frutto di una scelta politica di questa amministrazione, se noi facessimo questo noi faremmo veramente un’operazione che è il non far pagare un po’ di più ai ricchi o a quelli che se lo potrebbero permettere ma dare un valore aggiunto che ha la scuola torinese grazie alle cose che dà la città che andrebbe a penalizzare tutte quelle famiglie di livello socio-culturale più basso per le quali questa offerta o la fa la scuola o non la fa nessuno e la scuola la fa soltanto se la città sostiene, altrimenti non la farebbe. I ragazzini della scuola elementare o della scuola media che fanno i corsi di teatro, di educazione all’immagine, che vanno alla cascina Falchera a fare i corsi di educazione ambientale che vanno nei laboratori della città di Torino lo fanno perché la città di Torino spende dei soldi per queste attività, che sono per tutti, sia per quelli che hanno i genitori che magari avrebbero la possibilità di portarli al sabato a vedere il museo, sia per quelli che non avrebbero questa possibilità. Allora, dovendo fare questa operazione si cerca tra che cosa far pagare e a chi e che cosa eventualmente tagliare sapendo che la scelta che è stata fatta è stata quella di non ridurre l’offerta culturale formativa che la città fa alle scuole, ma di trovare le risorse che ci permettessero di continuare a tenere questo standard elevato. Dove si sono andate a cercare le risorse? Nelle due fasce più alte nelle quali forse spendere un euro e 18 al giorno per il pasto del proprio bambino non vuol dire una tragedia famigliare. Rispetto alla questione del TP siamo tutte persone che la scuola la conosciamo, quindi non sto dicendo nulla di nuovo…Intanto non credo che sia una questione di costo del pasto, sinceramente non credo, soprattutto per certi livelli di reddito. E comunque è confermata dal fatto che da sempre sono i dirigenti scolastici che inviano al servizio ristorazione collettiva del sig. Dalmasso gli elenchi nominativi degli studenti che usufruiranno della mensa. E quindi è il dirigente scolastico che individua quali sono i bambini o le classi che hanno il tempo mensa nell’ambito del loro tempo scuola. Altrimenti noi daremmo la mensa esclusivamente al Tempo pieno e non daremmo la mensa a tutte quelle scuole medie che avendo articolato l’orario flessibile sulla settimana di cinque giorni anziché di sei hanno introdotto delle attività curricolari al pomeriggio, stando a casa il sabato. Questo non è il Tempo Pieno riconosciuto come sperimentazione dallo Stato, quindi in teoria queste non sono classi di TP statale. Tuttavia, in considerazione dell’Autonomia Scolastica e della richiesta di orario flessibile di molte scuole, noi, sulla base della dichiarazione del Dirigente Scolastico che ci dice quali sono le richieste ecc noi eroghiamo questo servizio. Quindi la risposta “non è obbligatoria” è evidente che non può essere il comune che decide se quell’ora lì per quel bambino è o non è tempo scuola, è la scuola che lo decide, è la scuola che dice “nell’ambito dell’orario curricolare quell’ora lì è tempo scuola e quindi tu frequenti la mensa, se poi non la vuoi frequentare, esattamente come non vuoi frequentare l’ora di educazione fisica ti fai esonerare, esattamente come per altre questioni ti fai fare la giustificazione dalla mamma perché devo fare la visita del sangue e entro un’ora dopo”. Ma è il DS che decide se per Giovannino Rossi la mensa fa parte del tempo scuola, come si è sempre fatto, indipendentemente, specialmente per le scuole medie, dal fatto che siano o non siano classi di tempo pieno, perché le classi di TP in senso stretto sarebbero molte meno nelle scuole medie delle classi che usufruiscono della mena in quanto hanno modificato il loro orario curricolare. Quindi mi sembra un po’ difficile condividere quanto è stato detto, perché è in realtà l’operazione opposta quello che è stato fatto, e cioè quello di salvaguardare la qualità della scuola torinese, la qualità dell’offerta alla scuola torinese da parte della città di Torino, e ai suoi utenti, facendo in modo che non più soltanto chi è sotto i 3-10 milioni pro capite paghi poco…E’ chiaro che prima la tariffa massima era bassa, ma era per chi aveva un reddito pro-capite superiore ai 10 milioni, e questo vuol dire tutti, o almeno una grande maggioranza. E’ chiaro che era bassa quella tariffa lì, perché era una tariffa pagata da chi non poteva di più. Nel momento in cui si è deciso di modificare le fasce di differenziare chi può un po’ di più da chi può pagare un po’ di meno si sono fatti degli aumenti che sono molto differenziati tra il primo scaglione che sono le prime quattro fasce e il secondo scaglione che sono le ultime due fasce, per le quali abbiamo faticosamente introdotto il sistema dell’ISE, che abbiamo già usato per i nidi, con un andamento che ci ha dato in qualche misura ragione, perché chi poteva ha pagato di più e gli altri hanno avuto tariffe adeguate, e comunque abbiamo applicato quello che la normativa dice sull’Ise, non abbiamo modificato una virgola, non abbiamo introdotto altri parametri, come le amministrazioni avrebbero la possibilità di fare. E quindi tutti i dati che è necessario avere. I dati anagrafici: è vero, ma cerchiamo di essere consapevoli delle dimensioni del fenomeno. Noi abbiamo 53.000 famiglie, la maggioranza delle quali ritiene, probabilmente a ragione, di avere diritto ad una tariffa agevolata e quindi, sulla base di quanto dice la normativa esercita questo diritto dimostrando di avercelo, il diritto, con la dichiarazione ISE. Concordo sul fatto che per il secondo figlio la situazione crea un disagio, ma non si poteva fare diversamente per quest’anno, e d’altra parte basta andare al CAF”

Cinzia Quagliotti (Coordinamento genitori): “Sì, ma bisogna prendere appuntamento, e i CAF sono intasati, non si riesce a prendere un appuntamento…”

Pozzi: “Solo chi sceglierà di pagare tanto pagherà tanto se non guadagna tanto”

Guido Montanari (presidente consiglio d’Istituto Manzoni-Rayneri): “Mi dispiace che questa discussione si faccia con una giunta di sinistra, che ci troviamo qui con delle persone, come l’assessore Pozzi, con cui abbiamo anche fatto delle assemblee e delle iniziative contro la riforma Moratti, per discutere di un provvedimento che inequivocabilmente va proprio nella direzione di quella riforma. Noi stiamo assistendo in generale, nella scuola, ad una serie di piccoli provvedimenti che vanno nel senso di demolire pezzetto dopo pezzetto la scuola pubblica, e quello che mi dispiace è che questo provvedimento di una giunta di sinistra, quindi eletta da un elettorato di lavoratori, per fare gli interessi dei lavoratori, si inserisca in pieno in questa logica. Ci sono stati i provvedimenti che aumentano gli alunni nelle classi, quelli sulle supplenze, i tagli dei posti di quest’anno, l’esame di maturità ecc. e ora abbiamo questo provvedimento che non arriva da Roma, ma va esattamente nella stessa direzione. Oltretutto sono dispiaciuto che questa stessa giunta di sinistra scelga il metodo di far uscire questo provvedimento d’estate, quando le scuole sono chiuse e per i lavoratori è più difficile organizzarsi, proprio come fanno quei governi di destra che cercano in tutti i modi di non confrontarsi con i lavoratori….La realtà è che c’è un malcontento diffuso molto grande, la gente è indignata per questo provvedimento ma è difficile organizzarsi in questo momento. Non è vero che questo provvedimento tocca solo i ricchi, in realtà la situazione è ben differente. Vorrei portare come esempio il caso della mia scuola e una riflessione che hanno fatto gli insegnanti, a cui io stesso non avevo pensato. Nella mia zona c’è una percentuale molto alta di persone a basso reddito, precarie, senza formazione, extracomunitari; ebbene, queste persone saranno indotte a pagare le quote massime non perché appartenenti realmente a quelle face, ma perché non hanno la minima possibilità di seguire l’iter burocratico richiesto. Di fatto gli aumenti toccheranno una percentuale enorme di famiglie. Poi va considerato che anche le famiglie che sono nelle fasce alte non sono certo famiglie “ricche”, si tratta di redditi medi, e in alcuni casi gli aumenti sono del 100%…

Chiamparino: “Le famiglie che rientrano nella fascia alta sono famiglie ricche, con un reddito per cui si possono permettere questi aumenti”

Montanari: “Non sono un esperto di redditi e non siamo venuti qui per addentrarci in dettagli tecnici. Avremo tempo di approfondire meglio anche le questioni specifiche. Quello che è un dato è che noi esprimiamo un malcontento diffuso e denunciamo un atto che colpisce proprio uno dei simboli dell’impegno dell’ente locale per la difesa della qualità della scuola pubblica. Ora non possiamo fare altro che registrare quello che voi dite, ma possiamo fin d’ora dire che i genitori e i lavoratori non accetteranno questo provvedimento e a settembre ci organizzeremo con una serie di iniziative pubbliche che denunceranno questo atteggiamento inaccettabile da parte dell’Amministrazione”.

Chiamparino: “Farete quello che riterrete opportuno, ma noi non ritiriamo il provvedimento perché va proprio nella direzione opposta a quello che dite”.

Varaldo: “Mi sembra che sia necessario partire dai fatti, e i fatti sono inequivocabili: già da adesso decine e decine di famiglie stanno chiedendo l’autorizzazione ai dirigenti scolastici per togliere i loro figli dalla mansa. E’ un fatto, e questo fatto va esattamente nella direzione di distruggere il Tempo Pieno e la sua valenza educativa. Questo si inserisce esattamente nella logica della riforma Moratti, è un fatto, cioè è ciò che avviene, al di là delle intenzioni. Lei (assessore) ha portato il discorso del Tempo Pieno sulle medie e su casi molto particolari, ma la realtà è che il Tempo Pieno delle elementari comprende da sempre la mensa obbligatoria e che prezzi decenti sono un incentivo per questo tipo di scuola. Il problema delle medie non è quello posto da noi: noi poniamo il problema che una parte di famiglie viene indotta, anche grazie a quella frase, a lasciare la mensa e da qui il passo per la disarticolazione del Tempo Pieno è breve….

Pozzi: “Ma se le cose stanno così vuol dire che la gente non ha capito nulla del valore educativo del Tempo Pieno e allora ha ragione la Moratti”

Varaldo: “Mi sembra che ci sia uno stravolgimento del ruolo delle istituzione e dei servizi pubblici. La gente non è tenuta a comprendere a fondo un bel niente, né il valore del Tempo Pieno, né quello di altri servizi. Certo, se lo comprende è meglio, ma sono le istituzioni che devono mettere i cittadini nella condizione di usufruire di servizi adeguati. La scuola pubblica ha imposto delle cose, come l’obbligo, che la gente poteva anche non comprendere o non volere, non è questo il punto. Il punto è che il vostro provvedimento, nei fatti, induce la gente a lasciare una scuola di qualità, e questo per dei motivi semplici che sono legati alle condizioni di vita della gente stessa. Se una famiglia è costretta, può anche decidere di lasciare la mensa, perché ognuno si fa i suoi conti, ma i responsabili siete voi, perché le istituzioni hanno il compito di permettere che tutti frequentino una scuola di qualità, e non che tutti ne comprendano a priori l’importanza. Una delle questioni più importanti del Tempo Pieno è proprio che, grazie all’orario, all’organizzazione (insegnanti, titolarità ecc) e ai costi, i ragazzi delle famiglie più ricche e con più cultura sono fianco a fianco con i ragazzi delle famiglie con meno possibilità, e questo è un elemento fondante della scuola pubblica, direi di più, di una società democratica. E’ un arricchimento per tutti, è un valore. Va poi considerato un secondo fatto: mentre voi dite che gli aumenti non hanno mai superato gli indici ISTAT dal 1994 io vi dico: e gli stipendi? E il reddito medio delle famiglie? Tutti sanno che dall’inizio degli anni ’90 gli stipendi hanno perso il loro valore, che c’è difficoltà a fare i contratti, che la precarietà aumenta, che le famiglie fanno fatica…Tutti sanno quello che sta succedendo realmente con l’ingresso dell’Euro, gli aumenti reali che ci sono…. Noi ci troviamo dunque di fronte ad un altro fatto: le mense aumentano in maniera esponenziale rispetto agli stipendi e al costo della vita. Se noi stiamo ai fatti, dunque, è evidente che questo provvedimento risulta un attacco alle condizioni di vita e alla scuola pubblica, è incontestabile. Mi sembra paradossale sostenere, come avete fatto, che invece questi provvedimenti vanno nel senso di difendere la scuola pubblica, il Tempo Pieno e la qualità del servizio. Le intenzioni possono essere le migliori, ma i fatti sono fatti”

Chiamparino: “Mi sembrano discorsi ideologici e politici, non sono d’accordo con queste argomentazioni”

Gianni Usai (Coordinamento genitori): “Cercherò di uscire da questi discorsi politici e ideologici….Mi sembra che il metodo usato sia un metodo veramente pesante per le famiglie. Come si può pensare di aumentare di colpo del 70% le quote? Si rischia di far tracollare di colpo l’intero sistema, di dare un colpo enorme. Io per esempio ho avuto proprio in questi giorni l’esperienza dei ticket in pronto soccorso, per la prima volta, e ho visto che impatto ha sulla popolazione questo provvedimento. Perché non diluirli nel tempo questi aumenti, perché non farli un po’ per volta? Non si può fare tutto d’un colpo, è necessario far digerire le cose un po’ per volta, fare dei piccoli aumenti in un periodo più lungo”.

Chiamparino: ” Sì, si poteva anche scegliere questa strada, ma ci saremmo trovati ogni anno con degli aumenti, invece abbiamo scelto di fare un provvedimento che riequilibra completamente la situazione e la rende più giusta”

Pozzi: “C’è una differenza enorme tra quello che fanno le amministrazioni di destra e noi. Facciamo l’esempio della sanità, che ha ripreso proprio lei: se c’è un problema di bilancio si possono fare due scelte: far pagare lo stesso ticket a tutti i cittadini, a quelli ricchi la stessa cifra di quelli poveri, oppure fare il sistema che abbiamo adottato noi per le mense. E’ questa la differenza, e noi abbiamo scelto di far pagare in modo proporzionale, giusto”

Varaldo: “Mi sembra che il suo esempio sui ticket sia completamente errato e dimostri in realtà proprio il contrario di quello che vorrebbe. Infatti la conseguenza di quello che dice lei sarebbe che i cittadini ricchi si chiederebbero “perché pagare un ticket alto in un ospedale pubblico, quando posso pagare lo stesso in uno privato?”. E così la conseguenza del suo ragionamento sarebbe che gli ospedali pubblici resterebbero ai poveri e ai lavoratori con i redditi normali che già pagano la sanità pubblica, mentre i ricchi andrebbero in quelli privati. E’ evidente che di lì a poco avremmo ospedali pubblici per poveri, quindi di basso libello, e ospedali privati per ricchi. Invece il principio dei servizi pubblici è proprio l’opposto, ed è questo che voi dimenticate completamente: la scuola pubblica, la sanità pubblica sono luoghi dove tutti, ricchi e poveri, hanno le stesse prestazioni. Il problema è un altro: né i ticket né gli aumenti sono giustificati, perché la gente paga già le tasse, e le paga proprio rinunciando a una parte di stipendio perché tutti possano avere i servizi che si meritano. I ticket sono ingiusti, non da modulare in base al reddito”

Pozzi: “Il problema è che mancano i soldi alle Regioni, e da qualche parte bisogna pur prenderli. Poi ci vuole una vera battaglia sul Tempo Pieno, ma vera, non si può mettere questo in funzione con la mensa o solo con la mensa. La questione del Tempo Pieno richiede che si comprenda il valore di questo tipo di scuola”

Montanari: “Qui sotto ci sono un centinaia di genitori e insegnanti che aspettano di sapere come è andato l’incontro per poi discutere cosa fare. Penso quindi che questo incontro si debba concludere. Quello che possiamo ribadire è che decideremo insieme alla gente cosa fare e riprenderemo la questione a settembre: è evidente che per noi questo provvedimento resta inaccettabile e noi ci batteremo per il ritiro”.

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