Lettera aperta al presidente del consiglio, on. Giuliano Amato, e al ministro della pubblica istruzione, Tullio De Mauro.

“Egregio presidente del consiglio, egregio ministro,

il 2 febbraio scorso il Parlamento ha approvato la legge chiamata “Riordino dei cicli” dopo poche ore di dibattito al Senato che hanno fatto seguito all’interruzione dei lavori della VII Commissione e alle pochissime ore con cui la Camera aveva liquidato la legge nel settembre 1999.

Noi abbiamo cercato in questi anni il dialogo con tutti coloro che hanno dovuto a più riprese affrontare la questione, ma un reale confronto non si è mai avviato e le argomentazioni di migliaia di insegnanti e genitori non sono state tenute in alcun conto. Oggi ci rivolgiamo a voi perché avete la possibilità di riconsiderare l’intera materia e di chiedere l’abrogazione di questa legge di distruzione della scuola pubblica e delle generazioni a venire.

Questa legge delimita in modo inequivocabile i confini del sistema scolastico: il taglio di un anno di scuola nella prima fascia di età degli alunni (un ciclo primario di soli 7 anni sostituirebbe gli attuali 8 anni di elementari e medie) determinerebbe senza alcun dubbio un ridimensionamento dei programmi, l’eliminazione di intere materie, un impoverimento della formazione nei primi anni di scuola con ripercussioni su tutto il sistema.

Ogni persona di buon senso comprende come le scuole superiori vedrebbero i loro programmi ridimensionati e i professori accoglierebbero ragazzi con un livello di preparazione nettamente inferiore.

Si arriverebbe così a quello che Berlinguer aveva auspicato già nel 1997: “Delegare molta della preparazione degli studi superiori ai primi anni di Università come in Inghilterra e Stati Uniti, dove i primi anni di Università non si distinguono molto dalla formazione liceale italiana o francese”.

A questo si aggiungerebbe il rischio di destrutturazione della personalità dei bambini e di dislocazione dell’intero sistema, conseguenze della disarticolazione del gruppo classe, della moltiplicazione delle figure di riferimento e del mescolamento delle cattedre, degli edifici, degli orari dei diversi ordini di scuola. La disarticolazione del gruppo classe viene teorizzata in molti documenti ministeriali e di presunti “esperti” ed è stata spiegata molto bene dal Provveditore di Torino in riferimento alla legge sui cicli: “Le classi esploderanno definitivamente. Prevarrà una struttura per moduli culturali in cui i gruppi classe si comporranno e scomporranno continuamente”.

Alcuni di questi “esperti” si sono espressi pubblicamente per una scuola organizzata in modo che “per alcune attività si possa arrivare anche a 80-100 alunni, come per esempio quando si fa attività di lettura con i bambini delle elementari”.

Inoltre, la distruzione dei titoli di studio attuali e la possibilità di impiegare i giovani in attività di lavoro senza garanzie, diritti, salario, costituirebbero non solo un incentivo all’abbandono della scuola per milioni di ragazzi, ma direttamente un elemento di distruzione dei contratti nazionali e quindi di divisione del Paese. D’altra parte, l’eliminazione dei programmi nazionali, uguali in tutto il territorio, oggi vera garanzia di uguali diritti dei cittadini, porterebbe ad una differenziazione delle scuole a danno dei più deboli e costituirebbe un altro passo avanti verso la divisione del Paese.

La distruzione dei programmi nazionali è esplicitamente teorizzata nei diversi documenti di applicazione della riforma.

Il quadro di questa legge è quindi chiaro e nessuno può accettare una simile distruzione.

Non è accettabile una legge che è stata approvata sulla testa delle famiglie, degli insegnanti, degli studenti, dei cittadini, come se essi fossero dei burattini da muovere a piacimento, da manovrare, da pilotare, da convincere, rifiutando il dialogo con tutti coloro che in qualche modo si opponevano alla legge e che chiedevano di aprire un confronto.

La realtà è che gli insegnanti e i genitori rifiutano questa legge e hanno cominciato a dimostrarlo: lo sciopero del 17 febbraio scorso è stato in tutta Italia anche uno sciopero contro la “Riforma dei cicli”, mentre la manifestazione nazionale della CISL del 19/2, con le conclusioni di Sergio D’Antoni, costituisce fin d’ora un punto di riferimento per tutti gli insegnanti, le famiglie, gli studenti.

Egregio presidente, egregio ministro,
nella speranza che un vero dialogo sui problemi posti in questa lettera possa aprirsi, vi chiediamo di ricevere una nostra delegazione. Da parte nostra, faremo appello a tutte le organizzazioni sindacali perché organizzino la mobilitazione per l’abrogazione della “Riforma dei cicli”, fino allo sciopero generale della scuola.”

Al Presidente del Consiglio, on. Giuliano Amato, Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187, Roma. Fax: 06/6796894

Al ministro della Pubblica Istruzione, Tullio De Mauro, viale Trastevere 76/a, 00153 Roma. Fax 06/5894811

“Egregio presidente del consiglio, egregio ministro,

il 2 febbraio scorso il Parlamento ha approvato la legge chiamata “Riordino dei cicli”. Noi ci rivolgiamo a voi perché voi avete il potere di chiedere l’abrogazione di questa legge di distruzione della scuola pubblica e del futuro dei giovani e delle generazioni a venire. Voi avete la responsabilità di farlo prima che sia troppo tardi.

Vi chiediamo di ricevere una nostra delegazione per aprire un dialogo sui problemi posti in questa lettera.”

Il “Manifesto per il ritiro della riforma dei cicli” viene promosso nell’ottobre 1999 da 500 insegnanti e genitori delle province di Torino, Milano, Lodi, Bari, Avellino, Latina, Frosinone e Asti al termine di alcune manifestazioni pubbliche che avevano riunito centinaia di insegnanti e genitori contro la legge, allora in discussione in Parlamento. Queste manifestazioni erano state convocate dall’”Appello in difesa della scuola elementare”, promosso nel marzo 1997. Su proposta degli insegnanti delle medie e delle superiori intervenuti nelle manifestazioni, viene deciso di allargare l’iniziativa a tutti gli ordini di scuola. Più di 10.000 insegnanti e genitori di 20 province italiane hanno già sottoscritto il “Manifesto”. Nel rispetto delle tradizioni culturali, pedagogiche, didattiche, politiche, religiose di ognuno, il “Manifesto” si batte per unire più largamente possibile gli insegnanti, i genitori, gli studenti, le organizzazioni sindacali e più in generale tutte le persone che intendono difendere la scuola dalla distruzione e dal caos a cui si andrebbe incontro se la “Riforma dei cicli” dovesse essere applicata. Il 14 e il 15 dicembre 1999, una delegazione di 15 insegnanti e genitori delle province di Torino, Milano, Avellino, Lodi, Bari e Latina è stata ricevuta dalla VII Commissione del Senato, dai capigruppo di tutti i partiti e dalle segreterie nazionali dei sindacati. La delegazione ha accertato che molti senatori (anche della maggioranza) avevano perplessità, dubbi e contrarietà verso la legge. Essi hanno però dichiarato che avrebbero votato a favore poiché il ministro poneva una sorta di ricatto, “blindando” (termine adottato da loro) il testo.

Per contro, nel corso degli incontri con le segreterie dei sindacati, la CISL aveva dichiarato la sua volontà a battersi contro la legge, posizione ribadita recentemente dal suo segretario nazionale, Sergio D’Antoni, che, nel corso della manifestazione nazionale del 19 febbraio, ha chiesto il ritiro della legge. Per questo, conscio delle responsabilità che ricadono sui sindacati, il Comitato Nazionale del “Manifesto” lancia oggi un appello a tutti i sindacati perché sottoscrivano la “Lettera aperta ad Amato e organizzino la mobilitazione, fino allo sciopero generale. Fermare questa legge è possibile, è questa la responsabilità che hanno i dirigenti sindacali.

Il gruppo organizzativo del “Manifesto” mette a disposizione il materiale prodotto, tra cui un “Dossier 50 domande-50 risposte” sulle conseguenze della legge.

Contatti: Lorenzo Varaldo. Rita Defeudis, viale Papa Paolo VI, 6, Abbiategrasso (MI), tel 02/94965090. Posta el: [email protected] Sito internet: manifestodei500.altervista.org

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