Difesa dei libri: da “La Repubblica” del 16/5/2005

16 LA REPUBBLICA Pirani
Pirani
LINEA
DI CONFINE

MARIO PIRANI
La giungla delle sigle nella nuova scuola
Moratti

Il ministro

Letizia Moratti

MI RISERVO di tornare in futuro sulle argomentazioni di Letizia Moratti in risposta al mio articolo sul bullismo giovanile («Repubblica» del 14 e 15 maggio). In questa sede mi limito, ancora una volta, a segnalare qualche effetto pratico indotto dal «progetto educativo» di cui il ministro dell’Istruzione vanta le potenzialità. I casi che segnalerò quest’oggi mi co­stringono comunque di nuovo ad addentrarmi in quella selva di ostiche sigle che caratterizza ormai l’universo scolastico… Si può affermare che esse rap­presentino la veste burocratica delle devastanti operazioni imposte dal pedagogismo imperante che ha informato di sé sia la riforma Berlinguer (in gran parte solo proclamata ma non attuata) che quella Moratti, di analoga ispirazione e già in fase di applicazione. Per capire cosa accade bisognerebbe preventivamente fornirsi di un manuale esplicativo sulla infinità di queste sigle assurde che penalizzano la scuola e che corrispondono ad altret­tanti assurdi «passaggi» inflitti a insegnanti e studenti dal demone riformatore. Fino all’altro giorno, ad esempio, avevo trascurato gli Osa quando la telefonata di un professore liceale di Scienze di Torino mi ha obbligato ad informarmi. «Dopo tre anni di fatiche – mi dice — stavo terminando per Zanichelli un Manuale di Scienze della Terra quando gli Osa di supporto al decreto di attuazione della riforma mi hanno “investito” e il mio lavoro è stato congelato». Ma di che parla? Cosa sono gli Osa? «Gli Obbiettivi specifici di apprendimento fìssati dagli esperti ministeriali per le singole discipline e che scendendo per i gradi si con- cretizzano infine nelle Uia, cioè le Unità individuali di apprendimento, secondo i percorsi singoli degli studenti». E che cosa le hanno fatto questi Osa? «Hanno praticamente declassato l’insegnamento delle Scienze della Terra (che comprendono astronomia, geologia, geografia fisica ed ecologia) e che assieme a biologia e chimica completano l’insegnamento delle Scienze naturali. Da sempre, in tutti i licei, Scienze della terra era materia dell’ultimo anno e quindi anche oggetto dell’esame di maturità. Da ora in poi questo è previsto per il solo liceo scientifico. Ma anche qui le varie discipline sono spezzettate in vari anni e l’intera Astronomia scompare. Cancellata d’un colpo…». Ma che fine fa l’apprendimento delle Scienze naturali?, chiedo in preda alla confusione. «Sì rassegni. E’ stata abolita persino la denominazione tradizionale della materia, in base alla quale generazioni di studenti hanno studiato, si sono laureati, ottenuto magari la cattedra e l’immissione in ruolo. Nell’epoca in cui tutte le discipline si fregiano dell’appellativo di Scienza (la Comunicazione, le varie Eco­nomie e persino la Teologia) l’unica materia caratterizzata da un opportuno termine relativo ai metodi di ricerca e di studio lo perde. A scorno simbolico, poi, la Terra negli ultimi Osa perde persino la maiuscola, quasi asimbo­leggiare l’irrilevanza delle Scienze della terra». Minuscole a parte mi spieghi meglio. «Tutto l’impianto che sta alla base dell’insegnamento delle Scienze nelle Scuole superiori è messo in crisi: addio a metodi specifici per le diverse discipline (Chimica, Biologia, Scienza della Terra) finalizzati all’acquisizione di precise competenze. Addio storia delle scienze su base epistemologica, tutto è brutalmente sminuito e spezzettato con lo smembra­mento delle discipline e la distribuzione degli argomenti nei diversi anni. Un controsenso se pensiamo a quanto sia attuale l’esigenza di una visione globale e dettagliata del sistema terre­stre alla luce delle problemati­che demografiche, energetiche, climatiche, urbanistiche, eccetera. Prenda, ad esempio, cosa subentra all’abolizione dell’insegnamento della Astronomia e scoprirà che nel programma di letteratura italiana è prevista la lettura di testi di Galilei, in quello di fisica vi sarà un cenno alle stelle e al sistema solare e così via in un incongruo spezzatino». Chiusa la deprimente telefo­nata mi dedico alla abituale lettura delle e-mail che tanti volenterosi insegnanti mi inviano. Tra le altre mi da qualche conforto l’appello del maestro Lorenzo Varaldo di Torino, esponente del «Movimento dei 500» che raccoglie insegnanti e genitori di vane città che si oppongono nei fatti, oltre che in linea di principio, all’entrata in vigore della riforma e seguitano ad insegnare in base ai vecchi programmi. In particolare avversano la limitazione introdotta secondo cui la Storia e la Geografia non dovrebbero essere «ripetute» con successivi approfondimenti alle ele­ mentari, alle medie e al liceo ma studiate una volta sola, in particolare per i ragazzi che a 15 anni sce­ glieranno l’orientamento professionale. In base a questo principio già da ora alle Elementari (in quarta e quinta) lo studio della storia dovrebbe limitarsi all’antichità preistorica e greco-romana, per proseguire alle medie con le epoche successive.
Intere discipline vengono spezzettate in vari anni o addirittura scompaiono: così i programmi sono stravolti.

Per la geografia alle elementa­ri si arriverebbe soltanto alle regioni italiane. Fino ad ora, invece, l’insegnante proponeva un primo approccio d’insieme alla storia dell’umanità e alla geografia comprendente tutti i periodi e tutte le zone del mondo entro la quinta elementare. Alle medie questo programma d’insieme veniva ripreso in modo approfondito e alle superiori questo doveva avvenire una terza volta in un quadro concettuale più complesso. Una delle assurdità della riforma è che chi avrà avuto una infarinatura elementare della storia romana a 9-10 anni non ne sentirà più parlare fino al liceo, quando avrà dimenticato tutto. Un’altra assurdità (non c’è che l’imbarazzo della scelta) consiste nella pratica abolizione dell’ultimo anno del liceo che potrà essere «saltato» da chi ha una buona media, mentre per gli altri studenti la V classe si ridurrà a una specie di riepilogo prope­deutico per la scelta universita­ ria. Di conseguenza la letteratura e la storia dell’Ottocento e del Novecento dovrebbero esser compresse nei soli ultimi mesi d’insegnamento della IV liceale. Per resistere a tutto questo il «Movimento dei 500 » avvalendosi in base all’autonomia scolastica di una normativa che prevede «l’adozione di materiali al­ ternativi ai testi ministeriali» è riuscito in centinaia di classi a mantenere i vecchi manuali. Ora – mi scrive Varaldo – siamo di nuovo ad un passaggio decisivo per la scelta dei testi del prossimo anno. Gli insegnanti debbono perseverare nella scelta dei vecchi testi, sollecitando le case editrici a ristamparli E questa la linea del Piave per impedire il trionfo dell’ignoranza programmata.

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