Nuovo documento “40 Domande – 40 Risposte”

Dove va la scuola pubblica dopo la “riforma” Moratti e il cambio di governo?
“40 Domande – 40 Risposte”

a cura del gruppo organizzativo del “Manifesto dei 500”

1) La riforma Moratti è stata applicata?

La legge 53 del 2003 era una “legge delega” e pertanto necessitava di diversi decreti per essere applicata. Il primo fu varato nel gennaio 2004 e riguardava la scuola dell’infanzia, elementare (ribattezzata “primaria”) e media (“secondaria di primo grado”). Nella scuola superiore, invece, il decreto più importante venne presentato nel gennaio 2005, ma poi venne riscritto per ben otto volte di fronte alle proteste che sorgevano in tutto il Paese. L’ultima versione prevedeva una sperimentazione volontaria delle scuole da avviare nel settembre 2007. Oltre a questi due decreti principali altri decreti applicativi sono stati varati a proposito del cosiddetto obbligo formativo, dell’alternanza scuola-lavoro, della valutazione.

2) Questi decreti sono stati effettivamente applicati?

Il decreto che riguarda la scuola dell’infanzia, elementare e media è stato ampiamente applicato. Quello sulle superiori è stato sospeso dal nuovo governo dopo che solo 15 istituti superiori in tutta Italia avevano aderito alla sperimentazione. Il decreto sull’alternanza scuola-lavoro è sospeso. Quello sulla valutazione è stato applicato, ma attualmente è stato rivisto.

3) Che cosa ha comportato l’applicazione della “riforma”?

In breve: 1) la scomparsa dei Programmi Nazionali con gli stessi obiettivi uguali per tutti i ragazzi del Paese e l’esplosione del sistema scuola in migliaia di micro-sistemi con programmi differenti; 2) la rimessa in causa in molte scuole del Tempo Pieno e dei Moduli alle elementari e del Tempo Prolungato alle Medie; 3) la riduzione delle ore di insegnamento e l’introduzione di attività facoltative; 4) la fine delle schede di valutazione (pagelle) nazionali uguali per tutte le scuole e stampate dal Ministero; 5) la fine dell’esame di quinta; 6) la possibilità di anticipare di un anno l’iscrizione alla prima elementare per i nati entro aprile (dunque il bambino “anticipatario” può andare a scuola a 5 anni e 4 mesi), ma anche la possibilità di ritardare l’iscrizione per coloro che compiono 6 anni dopo agosto (dunque la possibilità di andare a scuola con un anno di ritardo); 7) la possibilità di anticipare a 2 anni e 1/2 l’ingresso nella scuola dell’infanzia.

4) Perché non esistono più i Programmi Nazionali?

Il decreto applicativo della “riforma” ha sostituito i Programmi Nazionali con “Indicazioni Nazionali”. Queste Indicazioni sono estremamente vincolanti sui metodi di insegnamento, sul modo di programmare le attività, sul modo di lavorare degli insegnanti, ma, per contro, sono solo, appunto, “indicative” per quello che riguarda gli obiettivi generali che tutte le scuole dovrebbero perseguire e tutti i bambini raggiungere. Questi obiettivi generali vengono molto ridotti (specie in alcune materie) per lasciare spazio agli “obiettivi minimi”.

5) Tutti i bambini e tutte le scuole perseguono quindi “obiettivi minimi”?

Bisogna precisare che il nome completo è “Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati”. In altre parole, esse prevedono che le singole scuole, le singole classi, i singoli insegnanti preparino in realtà programmi personali, diversi per ogni bambino, negando così il principio costituzionale di fornire a tutti la stessa preparazione (almeno come obiettivo) al fine di eliminare gli impedimenti di natura sociale ed economica di partenza.

6) Ma le scuole hanno veramente “personalizzato” i programmi per ogni bambino?

Nella maggioranza dei casi no, ma, a partire dal fatto che i “programmi nazionali” non esistono più, le scuole hanno cominciato a differenziare i loro programmi e ad applicare gli obiettivi delle Indicazioni Nazionali.

7) Quali contenuti propongono dunque queste “Indicazioni Nazionali”?

Esse tagliano drasticamente alcune parti dei precedenti programmi, segnando un abbassamento generale della preparazione dei ragazzi, in particolare in storia e geografia. Inoltre nella scuola media sono state tagliate le ore di italiano, inglese e educazione tecnica.

8 ) Quali parti dei programmi sono state tagliate?

Come era stato denunciato, i ragazzi che frequentano scuole dove si applicano le Indicazioni Nazionali arrivano solo ai Romani alla fine della quinta elementare e studiano solo le Regioni italiane. Questi ragazzi potranno andare alle Medie senza nemmeno sapere chi è Cristoforo Colombo, Napoleone o Garibaldi, senza avere la minima nozione dell’Unità d’Italia o delle Guerre Mondiali e senza neppure sapere dove sono l’Inghilterra o il Giappone!

Si arriva a situazioni paradossali come in questi giorni: per celebrare il “Giorno della memoria” si studiano frammenti di storia contemporanea senza che il ragazzo possa minimamente situarli, inquadrarli, né storicamente, né geograficamente! E questo fino alla Terza Media, poichè fino a 13 anni non si studia il ‘900…

9) Eppure ci sono scuole che hanno continuato ad applicare i programmi precedenti….

Ci sono, ma ciò non ha certo risolto i problemi. Prima di tutto perché i libri di testo conformi ai programmi precedenti sono stati eliminati e questo ha indotto molti insegnanti a rinunciare ad intere parti di programma. Inoltre questi importanti segnali di “resistenza” si inseriscono in un contesto di smembramento. Si arriva al paradosso che in una stessa classe di una scuola media si possono iscrivere bambini che hanno svolto i programmi più diversi alle elementari.

10) Quali conseguenze da tutto ciò?

E’ sufficiente aprire un qualunque libro di testo per vedere l’impoverimento culturale a cui si sta arrivando. La scuola elementare forniva un quadro d’insieme di storia e geografia, senza la pretesa di approfondire tutti gli argomenti, ma dando al bambino la possibilità di inserire poi, crescendo, nuove conoscenze, comprensioni, approfondimenti, persino interpretazioni su qualcosa di acquisito in modo stabile. La scuola media rappresentava un primo ritorno sugli argomenti, in modo più approfondito, ma specialmente partendo da una base conosciuta.

11) Si sa che l’età della scuola elementare è la più adatta per acquisire questo quadro generale…

Oggi, invece, si arriva per esempio al fatto che la storia antica (Greci, Fenici, Romani…) viene studiata alle elementari e poi non viene più ripresa fino alle superiori, e per molti non viene più ripresa del tutto. La stessa cosa vale per la geografia italiana. Ciò crea un buco incolmabile, poiché l’apprendimento è un processo a spirale e non lineare, che richiede quadri generali, ritorni, approfondimenti. Senza questi ritorni le conoscenze si perdono o diventano pure nozioni..

11) L’esame di quinta è stato soppresso…

L’esame di quinta era un’occasione di ulteriore verifica, ma specialmente di stimolo, era un momento educativo che metteva il bambino di fronte ad una prima prova, seppur molto protetta, come è giusto a questa età. Certamente nessun maestro ha mai giudicato un bambino solo sulla base dell’esame, ma per i bambini significava preparare un lavoro particolare, presentarsi di fronte anche ad altri insegnanti, concludere in modo significativo una prima parte del percorso scolastico. Alcuni insegnanti consideravano l’esame superfluo, ma la sua scomparsa li ha fatti ricredere.

13) Che cosa ha fatto il nuovo governo per rimediare a questa situazione?

Il nuovo ministro e il nuovo governo avevano annunciato “grandi cambiamenti”, ma per il momento nulla è cambiato. A proposito delle Indicazioni il ministro ha sostanzialmente detto che sono in vigore, ma che in nome dell’Autonomia ogni scuola avrebbe potuto adottarle o meno. Inoltre il ministro ha detto che “saranno riviste” e una Nota del 31 gennaio annuncia la costituzione di una commissione che dovrebbe riscriverle per il prossimo anno.

14) Approfondiamo la Nota del ministro del 31 gennaio…

Il ministro scrive che “bisogna definire in modo chiaro quali sono quei livelli essenziali di apprendimento a cui gli studenti hanno il diritto di arrivare su tutto il territorio nazionale”. Ma poi aggiunge che “non siamo all’anno zero e non è necessario stravolgere tutto ancora una volta”. Che cosa significa che non bisogna “stravolgere tutto”? Significa forse mantenere l’impostazione della Moratti per contenuti ed obiettivi? Oppure significa che ognuno potrà fare quello che vuole? Sarebbe un fatto gravissimo che confermerebbe, al di là delle parole, il caos avviato.

15) Quali fatti concreti ci si può attendere per il prossimo anno?

In effetti tutti i problemi si riducono a questioni molto pratiche. In questo caso la questione centrale riguarda i libri di testo: solo il ripristino dei libri di testo secondo i programmi precedenti potrà davvero fornire un punto di appoggio per il ritorno ad una situazione che potremmo definire di “decenza culturale”. La Moratti aveva dato disposizioni precise e vincolanti alle case editrici. Il nuovo ministro ha il potere di fare lo stesso, naturalmente in direzione culturale opposta. Non farlo vorrebbe dire permettere che la “riforma” Moratti prosegua il suo cammino.

16) Ma come si coniuga la richiesta di Programmi Nazionali con la libertà di insegnamento sancita dalla nostra Costituzione e rivendicata dagli insegnanti?

In questi anni si è creata ad arte una confusione su questi concetti. La libertà d’insegnamento è un principio fondamentale della scuola pubblica, ne è una garanzia di qualità e libertà, poiché garantisce a tutti gli insegnanti di non essere sottoposti a nessuna pressione da parte di governi, dirigenti, ideologie. E’ bene ricordare che la libertà d’insegnamento è sancita nella nostra Costituzione che recita: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Ogni insegnante è libero nella scelta dei metodi, dei contenuti, delle attività da proporre, del modo di instaurare i rapporti con gli allievi… E’ questa libertà di insegnamento che garantisce la libera ricerca e il libero confronto. Senza di essa si entra nel campo della pedagogia e dell’ideologia di Stato, tipica dei regimi, e si blocca ogni processo progressista della pedagogia… In questo senso la libertà di insegnamento è una garanzia per tutti i cittadini, per le famiglie, e non solo un diritto degli insegnanti

17) Però esiste il diritto di tutti ad avere la stessa formazione…

La libertà d’insegnamento non può essere in effetti disgiunta da un altro principio cardine della nostra Costituzione: offrire a tutti le stesse possibilità e gli stessi mezzi, indipendentemente dalla provenienza sociale, culturale, economica etc…. Ed è qui che entrano in gioco i Programmi Nazionali. E’ in essi, e solo in essi, che questi due principi, libertà di insegnamento da un lato e uguaglianza dei diritti dall’altro, trovano il loro accordo per garantire il principio costituzionale di una scuola pubblica come strumento di promozione sociale.

18) In quale modo?

I Programmi Nazionali delimita(va)no non un percorso preciso e uguale per tutti (cosa che equivarrebbe a schematizzare e “disumanizzare” l’insegnamento e l’apprendimento), ma un territorio culturale e obiettivi di apprendimento comuni a tutti. All’interno di questo territorio e di questi obiettivi gli insegnanti possono scegliere metodi e contenuti, assicurando in questo modo che i grandi temi siano comunque trattati e che il ragazzo venga messo nella condizione di crearsi lui, in modo libero e indipendente, una propria visione.

19) Facciamo un esempio….

Tutti possiamo probabilmente essere d’accordo che i programmi nazionali debbano prevedere di affrontare Dante nella scuola italiana. Detto questo, sta ai singoli insegnanti scegliere il taglio, i singoli canti, l’interpretazione da privilegiare, la critica da proporre, il tempo da impiegare… Partendo dal presupposto che non si tratta di trasmettere alcuna “verità” su Dante, ma solo un approccio possibile e legittimo (e libero) proposto dall’insegnante, il ragazzo sarà stimolato a capire che anche lui potrà formarsi una sua libera idea, cioè una vera cultura. Dante diventa quindi il terreno per una vera “disputa” culturale, e nello stesso tempo patrimonio comune di tutti i ragazzi.

20) Come si realizzava questo, per esempio nei programmi dell’85 della scuola elementare?

In storia i programmi recitavano: “E’ opportuno che il fanciullo nel quinquennio della scuola elementare pervenga ad una visione sufficientemente articolata dei momenti significativi della storia connettendoli in un quadro cronologico a maglie larghe. In particolare saranno oggetto di approfondimento i fatti, gli avvenimenti, i personaggi che hanno contribuito a determinare le caratteristiche civili, culturali, economiche sociali, politiche e religiose della storia d’Italia, con specifico riferimento al processo che ha condotto alla realizzazione dell’unità nazionale, nonchè delle conquiste della libertà e della democrazia”. Come si può vedere esisteva una grande libertà per il docente, che poteva davvero scegliere i contenuti e certamente non era chiamato a “fare tutto” (pretesa peraltro assurda !). Eppure un territorio culturale era delimitato e tutti i bambini uscivano dalla scuola elementare con un “quadro cronologico a maglie larghe” di riferimento e con alcuni approfondimenti legati a processi importanti della nostra storia, approfondimenti che potevano essere scelti dall’insegnante. Oggi tutto questo è stato distrutto e se non verrà ripristinato al più presto i danni sulle generazioni future saranno pesanti.

21) Quali danni?

Un popolo che non conosce la storia, la propria e quella altrui, è un popolo per cui sarà molto più difficile difendere la democrazia, il vero progresso, i diritti che le generazioni che ci hanno preceduto sono riuscite a strappare. La stessa cosa vale per la geografia e per tutto il sapere. L’ignoranza è alla base delle barbarie.

Sono noti i danni creatisi in quei Paesi dove queste politiche sono già state avviate. Per esempio una recente statistica mostra come la maggioranza degli statunitensi creda che il loro Paese sia stato scoperto dagli europei nel XVIII secolo. Vogliamo ridurci a questo punto?

22) Ma il Ministro ha parlato a più riprese di “libertà d’insegnamento all’interno dell’Autonomia”, con le scuole che deciderebbero i contenuti delle Indicazioni Nazionali…

Si tratta appunto di una confusione concettuale enorme che nasconde una filosofia anticostituzionale. I programmi decisi a maggioranza da un collegio docenti? E così anche i metodi? E’ evidente che non si tratterebbe più di “libertà”, poiché le libertà o sono individuali, o non sono libertà ! La pedagogia di Stato verrebbe così sostituita dalla “pedagogia di scuola”, decisa dalla maggioranza sulla testa degli altri. Una forma diversa, ma non meno grave, di totalitarismo.

Torniamo invece ai principi: i programmi non devono avere nulla a che fare con la pedagogia, che è invece un campo di libere scelte, libere aggregazioni e confronti. Per contro essi hanno invece a che fare con il territorio culturale, che non può cambiare da scuola a scuola o peggio ancora essere deciso a maggioranza.

23) Ma perché insistere tanto sulla parola “programmi”?

A prima vista può sembrare un gioco di parole: “indicazioni” nazionali o “programmi” nazionali, che differenza c’è?

Ma prima di rispondere poniamoci un problema: se non ci fosse differenza, perché avrebbero cambiato il nome?

In realtà, le “indicazioni” sono appunto “indicative”. Ciò significa, come hanno scritto tutti i ministri che si sono succeduti negli ultimi 11 anni, che in nome dell’Autonomia Scolastica i programmi verrebbero poi decisi dalle scuole. Ma in questo modo ogni scuola potrebbe avere obiettivi diversi, con scuole di “serie A” per chi può raggiungere facilmente obiettivi “alti” e scuole di serie B per gli altri. Ciò significa negare i principi costituzionali di uguaglianza: lo Stato abdicherebbe al suo ruolo… Dietro una parola, non si nasconde in realtà molto di più?

24) I Programmi Nazionali sono stati intaccati, ma il Tempo Pieno?

Apparentemente il decreto “salvava” le 40 ore del Tempo Pieno, ma in realtà esso ha instaurato un meccanismo che, a poco a poco, lo ha cominciato a rimettere in causa. Per capire il meccanismo bisogna sapere che l’orario di insegnamento di un insegnante elementare è di 22 ore settimanali (a cui si aggiungono le ore di programmazione e riunioni). Prima della riforma gli organici venivano calcolati in questo modo: 2 insegnanti ogni classe a TP e 3 insegnanti ogni 2 classi a Modulo. Ciò portava al fatto che in un TP, per esempio, si avessero a disposizione 44 ore di insegnamento (22+22), mentre i bambini frequentavano solo 40 ore. In questo modo gli insegnanti avevano a disposizione delle ore di “compresenza” sulle classi (presenza di due insegnanti nello stesso momento), ore destinate a garantire attività di recupero, approfondimento, ricerca, individualizzazione…

25) Con la riforma, invece, che cosa succede?

Gli organici (provinciali) vengono ora calcolati partendo dal fatto che l’orario di base per la scuola elementare è di 27 ore settimanali. Vengono quindi previsti gli insegnanti per coprire queste ore e poi, secondo le domande dei genitori, si coprono solo le ore richieste, fino a 40 settimanali. Ciò significa che per coprire le 40 ore non vengono più previsti due insegnanti, ma solo uno (22 ore) e un pezzo (18 ore). In questo modo, classe per classe, si tagliano gli organici.

26) Facciamo un esempio….

Prendiamo una scuola con 4 classi prime a TP. Prima della riforma essa si vedeva attribuiti 8 insegnanti titolari, più quelli necessari per la lingua straniera. In realtà i bambini frequentano solo per 40 ore x 4 classi, cioè 160 ore. La “riforma” ha quindi decretato il seguente principio: sono sufficienti solo 7 insegnanti che possono arrivare a coprire 154 ore (22 a testa x 7). Le 6 ore restanti possono essere coperte dall’insegnante di inglese o da insegnanti di seconda, terza, quarta o quinta che “avanzano” ore. Molte scuole si sono trovate in questa situazione.

27) Ma come si può fare con 7 insegnanti su 4 classi a Tempo Pieno?

Le scuole toccate dal taglio si sono trovate a dover “scegliere”: costringere qualche genitore a rinunciare al Tempo Pieno? Aumentare gli alunni nelle classi oltre il numero di 25? Oppure diminuire le ore di tutte le classi, o di alcune, scendendo sotto le 40? Oppure eliminare dei laboratori di recupero, di integrazione? Oppure, ancora, adattare gli orari facendo ruotare diversi insegnanti sulle classi per coprire le 40 ore? In questi ultimi casi si è arrivati anche a far “girare” 11 insegnanti su una stessa classe. E’ evidente il danno sulla didattica e sulla psicologia dei bambini.

28) Che cosa ha fatto il nuovo governo per rimediare a questa situazione?

A parte il fatto di scrivere che il Tempo Pieno è “confermato” (come aveva fatto la Moratti per gettare fumo negli occhi) la nuova circolare sulle iscrizioni conferma completamente le 27 ore come base della scuola elementare, con la possibilità di arrivare a 40, ma con il metodo di calcolo degli organici varato dalla Moratti che nei fatti rimette in causa il vero Tempo Pieno in moltissime scuole.

29) A proposito di iscrizioni, gli anticipi che fine fanno?

Anche in questo caso il nuovo governo ha confermato la normativa della Moratti che sta creando disagi in moltissimi casi, poiché tanti bambini in effetti non sono preparati per affrontare la prima elementare e si trovano poi in condizioni svantaggiate rispetto ai compagni, rallentando anche il lavoro della classe. La stessa cosa vale per la scuola materna, dove la normativa prevede l’inserimento dei bambini di 2 anni e mezzo solo se ne sussistono le condizioni, ma nei fatti moltissime scuole accettano questi bambini. Là dove ciò avviene il lavoro didattico viene pesantemente rimesso in causa, poiché è evidente che avere un bambino di due anni e mezzo in classe pone problemi di assistenza non indifferenti.

30) Ma almeno le schede di valutazione nazionali saranno state ripristinate….

Assolutamente no: la Nota del Ministro del dicembre 2006 conferma che ogni scuola potrà adottare la scheda che ritiene più opportuna e comunque dovrà stamparsela con soldi propri, sottratti ad altre attività o spese. Ma anche in questo caso la Moratti non aveva fatto altro che applicare una norma varata con l’Autonomia Scolastica.

31) Ma nel programma dell’Unione non si diceva che la scuola sarebbe stata al centro?

Noi guardiamo i fatti più dei programmi. Con la Finanziaria, per esempio, il governo ha decretato l’aumento dello 0,4 % del numero di alunni nelle classi. Poi ha diminuito i soldi per i supplenti, ha eliminato il parametro per la determinazione degli insegnanti di sostegno, ha aumentato di 100 milioni gli stanziamenti per la scuola privata.

32) I giornali hanno scritto che l’Italia ha un enorme numero di insegnanti rispetto agli altri Paesi europei…

E’ una manipolazione dei dati che va chiarita una volta per tutte. A parte il fatto che un elevato numero di insegnanti sarebbe positivo, le cose stanno davvero così? Perché allora ci sono 25, 28, 30 e più alunni nelle classi? Perché non ci sono gli insegnanti di sostegno? La risposta è molte semplice: perché il conteggio degli altri Paesi esclude gli assistenti di mensa, gli insegnanti di sostegno, gli insegnanti e i tecnici di laboratorio…, figure che altrove non sono insegnanti, ma personale generico. Se si aggiungessero questi ruoli si avrebbe lo stesso numero, se non più alto del nostro.

33) Però la stessa Finanziaria eleva l’obbligo a 16 anni….

Certo, ma con una clausola fondamentale: questo “obbligo” si potrà assolvere anche nella Formazione professionale regionale, al 95% privata, e in tutte le “agenzie” di diverso tipo che il Ministero riconosce (anche qui, per lo più agenzie private). Si tratta in pratica di quel “secondo canale” che in realtà è un avviamento al lavoro e che era già previsto dalla legge Moratti. In pratica questo “obbligo” permette l’attuazione di una parte della “riforma” Moratti e la regionalizzazione di una parte del sistema.

34) …o lo riduce a 16 anni? (Quale obbligo?)

Effettivamente siamo al paradosso: l’obbligo di frequentare corsi di vario tipo fino a 18 anni era stato introdotto dalla Moratti. Ora il governo lo riduce a 16! Nel caso della Moratti si chiamava “obbligo formativo”, e comprendeva appunto i corsi privati, regionali, di alternanza scuola-lavoro, di apprendistato… Era stato contestato proprio perché di fatto non era un obbligo scolastico, e inoltre istituiva una sorta di “doppio canale” in cui i meno capaci venivano avviati a corsi privati, dequalificati, spesso per essere sfruttati attraverso forme di lavoro mascherate dalla “formazione”. Con il nuovo governo tutto ciò si chiama “obbligo scolastico”, ma nei fatti è quasi la stessa cosa, solo che dura due anni in meno!

35) Però il Portfolio e il tutor sono stati soppressi…

E’ vero, e tutti gli insegnanti e i genitori avevano accolto con sollievo e speranza la notizia. Ma poi tutto si è fermato…

Va tuttavia precisato che tutor e portfolio erano già stati sospesi per la loro inapplicabilità in quanto non previsti dal contratto nazionale degli insegnanti. Il nuovo governo ha quindi solo confermato uno stato di fatto.

36) Il governo ha sospeso l’applicazione della riforma alle superiori. I diplomi sono dunque salvi?

Per il momento sì, ma nei giorni scorsi il Ministro ha annunciato una revisione completa dell’organizzazione degli Istituti Tecnici e Professionali e della formazione superiore IFTS (successiva appunto alla scuola secondaria). Una nota del ministro precisa che si tratta di integrare la formazione regionale (lo ripetiamo, per il 95% privata), quella delle varie “agenzie” e quella degli Istituti Tecnici e Professionali statali. Inoltre ha annunciato di “snellire il numero degli attuali indirizzi” e di ridurre le ore di insegnamento“per prevedere più spazio per le ore di laboratorio, di tirocinio e di stages”. Più ore di stages quando i ragazzi vengono già occupati per centinaia di ore, spesso per veri e propri lavori non pagati (che sostituiscono normale forza lavoro), con il pretesto della formazione? Tutto ciò non è molto simile al decreto della Moratti che prevedeva che la metà delle ore di frequenza fossero dedicate al lavoro? Forse per questo il ministro scrive che l’applicazione della “riforma” alle superiori è solo “rimandata”? Come minimo si può dire che è necessario stare molto attenti a quello che verrà proposto…

37) Nel decreto sulle “liberalizzazioni” c’è una parte sulla scuola…

Si tratta di un altro provvedimento del nuovo governo che non può essere sottovalutato: le scuole vengono equiparate alle fondazioni da un punto di vista fiscale.

38) Scuole come fondazioni?

Significa che le scuole potranno prendere soldi direttamente dai privati, i quali a loro volta potranno scaricare fiscalmente le somme stanziate e quindi pagare meno tasse. Si tratta in realtà di un principio molto grave, poiché apre la strada al finanziamento privato della scuola pubblica e quindi all’ingresso diretto di interessi esterni e al disimpegno dello Stato. Due cose sono evidenti: da un lato potranno crearsi ancora di più scuole di serie A e scuole di serie B; dall’altro, i privati che metteranno soldi nella scuola vorranno a poco a poco dire la loro su programmi, insegnanti, metodi, gestione…

39) Tutto sembra andare in un senso preciso, dall’Autonomia alla privatizzazione…

La fine dei programmi nazionali, i programmi scelti scuola per scuola, i tagli dello Stato, la riduzione degli organici, la fine delle pagelle nazionali…tutto va nel senso di privatizzare la scuola pubblica. E non è un caso che si parli di “riforma degli organi collegiali”: se i privati entrano con i soldi, bisognerà prevedere che possano decidere come gestire la scuola?

40) Che cosa si può fare per fermare questo processo distruttivo?

Il “Manifesto dei 500” pensa prima di tutto che sia come sempre importante far conoscere i problemi, discuterne apertamente, approfondire i temi. Per questo invitiamo a diffondere questo opuscolo, a riunirsi in assemblee, a discutere nelle scuole e firmare la Lettera Aperta al Ministro. Da sempre pensiamo che la soluzione non possa che venire dall’abrogazione della “riforma” Moratti e dal ripristino delle condizioni precedenti. Ma siamo per il dialogo, siamo per cercare una soluzione ai problemi posti e per questo proponiamo di andare in delegazione dal Ministro e dai capigruppo dei partiti di governo per sentire cosa hanno da dirci e renderlo pubblico.

Non siamo in concorrenza con nessuna iniziativa presa in questi anni in difesa della scuola pubblica e siamo pronti ad unirci con tutti in questa direzione, ma pensiamo che un conto siano le responsabilità dei gruppi, dei movimenti, delle associazioni, un altro conto siano quelle dei partiti e dei sindacati.

I partiti che ora sono al governo hanno il potere di rimediare alla situazione: noi vogliamo batterci perché usino questo potere, perché diano quelle risposte che tutti aspettano dal 9 aprile.

E ai sindacati diciamo: non è più tempo di aspettare, voi avete la possibilità e la responsabilità di organizzare tutto ciò che sarà necessario per arrivare alla realizzazione di ciò che rappresenta, né più né meno, le aspirazioni di tutti coloro che si sono battuti in questi anni.

Il “Manifesto per il ritiro della riforma dei cicli e la difesa della scuola pubblica” viene promosso nell’ottobre del 1999 da 500 insegnanti e genitori di Torino, Milano e Lodi. Più di 15.000 insegnanti e genitori di 20 province italiane hanno aderito. Nel rispetto delle tradizioni culturali, pedagogiche, didattiche, politiche, religiose di ognuno, il “Manifesto” si batte per unire più largamente possibile gli insegnanti, i genitori, gli studenti, le organizzazioni sindacali in difesa della scuola pubblica. Il “Manifesto dei 500” ha organizzato in questi anni manifestazioni, assemblee, riunioni pubbliche, conferenze in tutta Italia e ha promosso delegazioni che sono state ricevute in Parlamento, al Ministero e a Palazzo Chigi. Nel settembre 2005 una delegazione è stata ricevuta al Quirinale dalla Presidenza della Repubblica a cui ha portato più di 13.000 firme raccolte in 800 Comuni di tutta Italia sulla “Lettera Aperta al Presidente della Repubblica”, insieme ad un Dossier-Denuncia con le testimonianze concrete dell’applicazione della “riforma “Moratti.

e.mail: [email protected] sito Internet : http://manifestodei500.altervista.org contatti: 340/2932826

40 Domande – 40 Risposte sulla scuola

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