Lettera Aperta al “Coordinamento Nazionale in difesa del Tempo Pieno e Prolungato”

“Manifesto dei 500 insegnanti e genitori per il ritiro della riforma dei cicli e la difesa della scuola pubblica”

Lettera Aperta al
“Coordinamento Nazionale in difesa del Tempo Pieno e Prolungato”

Cari amici,
abbiamo più volte ricevuto i comunicati delle vostre riunioni e i documenti approvati.
Poiché la nostra attività si pone come obiettivo quello di contribuire a costruire l’unità per l’abrogazione di tutte le “riforme” e i provvedimenti distruttivi varati in questi anni, a cominciare dalla legge Moratti, consideriamo positivo che più gruppi, coordinamenti, associazioni si adoperino in questo senso.
E’ da questo punto di vista che vogliamo porre alcune questioni a partire dai vostri documenti.

Il vostro coordinamento si chiama “In difesa del Tempo Pieno e del Tempo Prolungato”. In effetti la difesa del Tempo Pieno è una delle componenti più importanti per la difesa della scuola pubblica.
Questo modello di scuola è rimesso in causa dalla “riforma” Moratti e più in particolare dal decreto presentato a maggio (poi ritirato e ripresentato il 12 settembre) e da quello approvato e reso operativo a luglio (n. 61).
La prima questione che vogliamo porre è la seguente: notiamo che nel vostro appello non si prende posizione per l’abrogazione della “riforma”, ma semplicemente perché “il Tempo Pieno sia esteso”. Il titolo dell’appello dice: “Far crescere il Tempo Pieno”, mentre nella vostra mozione del 26 agosto e nel volantino per la giornata del 26 settembre si legge che “la scuola a Tempo Pieno e a Tempo Prolungato è in pericolo (…) abolita dalla bozza di riforma”.
Non si tratta assolutamente di una “bozza”, ma di una legge approvata, la cui applicazione è iniziata con atti precisi (decreti di maggio, luglio e settembre e circolari). E’ possibile difendere il Tempo Pieno e la scuola pubblica senza chiedere il ritiro di questi decreti, delle circolari e l’abrogazione della “riforma” ?

Un’altra questione che noi consideriamo fondamentale è la lotta per l’unità degli insegnanti e dei genitori con tutte le organizzazioni sindacali.
Voi sapete certamente che i dirigenti sindacali, dopo aver rifiutato per più di un anno di organizzare la mobilitazione, hanno votato il decreto 61. Questi fatti hanno conseguenze disastrose sulla scuola e sull’applicazione della “riforma”. D’altra parte il Ministro ha fatto sapere che la priorità per applicare la legge è “il coinvolgimento dei sindacati”.
Si può accettare tutto questo? Ci si può battere per l’unità senza rivolgersi a chi ha responsabilità così grandi?
Noi pensiamo che i sindacati debbano essere lo strumento per la difesa della scuola pubblica e delle conquiste dei lavoratori e che ci si debba rivolgere a loro perché rispettino il mandato che la maggioranza ha chiaramente indicato. Per questo noi mettiamo al centro della nostra azione la lotta per l’unità e l’indirizzarci ai sindacati perché la realizzino.

Il Ministro, messo in difficoltà dalla mobilitazione, sta cercando di far passare la legge in modo strisciante, isolando le scuole, mettendo gli insegnanti contro i genitori, creando il caos con norme ambigue e contraddittorie. D’altra parte, i dirigenti sindacali dicono “Ora la parola passa ai collegi”. La vostra mozione propone alle singole scuole di “costruire (…) iniziative creative che meglio rispondono alla propria identità e situazione: assemblee, occupazioni, feste, cortei, giochi, sciopero dell’obbligo scolastico, spettacoli, trasformazione delle attività didattiche”.
Il riconoscimento di “identità” diverse da scuola a scuola è una “novità” introdotta dall’Autonomia Scolastica proprio per aprire la strada alla distruzione della scuola nazionale e dei programmi nazionali come previsto dalla legge Moratti.
A noi sembra che la mobilitazione dovrebbe andare nel senso dell’unità e non della frammentazione, che produce isolamento tra gli insegnanti e i genitori nelle singole scuole.

La vostra mozione si esprime infine “per ribadire, insieme agli altri ordini di scuola, che non si possono fare riforme senza ascoltare coloro che fanno la scuola ogni giorno”.
Un problema si pone: tutte le “riforme” proposte hanno come obiettivo quello di distruggere la scuola pubblica poiché sono tutte dettate dall’Unione Europea per ridurre le spese pubbliche, flessibilizzare il mercato del lavoro, distruggere i diplomi, dividere i lavoratori e dislocare le nazioni. Noi non siamo per “essere ascoltati” e non siamo per nessuna di queste “riforme”. Proprio le istituzioni di Bruxelles invitano i governi ad “ascoltare” e a mettere in piedi finte consultazioni. D’altra parte abbiamo già fatto esperienza delle “consultazioni” di Berlinguer e della Moratti e del loro utilizzo per introdurre le “riforme”: noi rifiutiamo questo processo “partecipativo” che ha come unico obiettivo quello di associarci alla messa in opera dei piani distruttivi.
Noi pensiamo che solo nell’indipendenza completa di fronte ai governi e all’UE si possa difendere la scuola pubblica.
Per questo, tra l’altro, abbiamo sostenuto la “Conferenza Internazionale per la difesa dell’insegnamento pubblico” che si è svolta a Parigi nel giugno scorso e alla quale abbiamo inviato quattro delegati.
Certi che queste riflessioni possano contribuire a far crescere la mobilitazione per l’unità e per l’abrogazione della “riforma” Moratti., vi rinnoviamo la nostra disponibilità al dialogo,

“Manifesto dei 500”, 15 settembre 2003

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